GATTACA LA PORTA DELL’UNIVERSO
Oggi parlare di tecnologia e inclusione porta inevitabilmente dritti al tema dell’Intelligenza Artificiale e di come – in estrema sintesi – questo tipo di progresso scientifico-tecnologico possa condurre a benefici in tutti i campi, ma parallelamente anche a sostituire il ruolo dell’essere umano nel lavoro in primis e poi chissà….
Da qui la relazione inquietante e l’antagonismo tra androidi/macchine-robot da una parte e umanità/umanesimo dall’altra, cavalcato nella fantascienza da molto tempo con numerose pellicole. Alcune di queste sono dei classici o dei cult movie, anche se non tutte sono dei capolavori.
Ci limitiamo a segnalare Metropolis di Fritz Lang (1927), 2001 Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick (1968), Blade Runner di Ridley Scott (1982), la trilogia di Matrix scritta e diretta da Larry e Andy Wachowski (1999-2003), A.I. di Steven Spielberg (2001), Her di Spike Jonze (2013), Humandroid di Neill Blomkamp (2015). Questi film sfociano spesso nel catastrofismo e non ci pare l’approccio più efficace per affrontare il delicato argomento.
Parlare di tecnologia e di accessibilità al sapere, da trasformare efficientemente in nuovi beni e strumenti di inclusione, può portare a un film come The boy who harnessed the wind (2019) di Chiwetel Ejiofor, dove un ragazzino, in un poverissimo villaggio del Malawi, riesce ingegnosamente a costruire un mulino elettrico, per sconfiggere la siccità.
Insomma, di cosa parliamo veramente quando parliamo di scienza e tecnologia? Parliamo di confini e soglie, di limes e limen - per scomodare il latino - di progresso e inclusione. O di esclusione.
Da questo punto di vista il film Gattaca, la porta dell’universo anticipa nel 1997 i temi inquietanti, ed eticamente ineludibili, del progresso tecnologico-scientifico in ambito di eugenetica.
Il regista Andrew Niccol rappresenta un futuro prossimo – somigliante agli Anni Sessanta negli abiti, acconciature, auto, sebbene tutto ammantato di tecnologia futuribile – dove è possibile mettere al mondo i propri figli dotandoli di un preciso corredo genetico, scegliendone caratteristiche fisiche, estetiche e psicologiche. La società risulta perciò divisa tra “validi” e “non-validi” (in inglese l’eloquente termine in-valid), con una separazione netta di accessibilità a determinate professioni e ambienti che diventa a tutti gli effetti una discriminazione sociale. Validi e non-validi sono di fatto sinonimi di “inclusi” ed “esclusi”.
Il tema è sviluppato attraverso la storia del protagonista Vincent Freeman (nomen omen: Vincente Libero), che è stato concepito naturalmente e ha una patologia cardiaca come il padre. Suo fratello Anthony, invece, è “valid”: è stato concepito con la tecnica eugenetica. Un altro personaggio centrale è il campione di nuoto dal nome molto significativo: Jerome (suona come “genome”) Eugene (eugenetico anche nel nome) Morrow (forma poetica per dire “tomorrow”, il futuro), un “valid” di primissima categoria, divenuto paraplegico dopo essere stato investito.
Senza spoilerare troppo, diremo che Vincent sogna da sempre di diventare astronauta e studia con successo per averne tutte le competenze, ma il suo corredo genetico gli consente al massimo di essere l’addetto alle pulizie al centro aerospaziale “Gattaca”. Esiste, però, un mercato nero di sangue e urine di “validi”: è così che Vincent conosce Jerome e riesce ad assumerne l’identità genetica per introdursi a Gattaca tra i candidati per una missione spaziale.
La trama si arricchisce anche di una vena “gialla” per l’omicidio del direttore responsabile della missione, che fa emergere la presenza di un “non valido” nel centro, mettendo a rischio tutti gli sforzi di Vincent.
Il vero protagonista sotteso alla storia narrata è dunque il DNA. Non a caso il titolo – che è il nome del centro di ricerca e addestramento aerospaziale – nasce combinando le lettere iniziali delle quattro basi azotate che compongono il DNA: Guanina, Adenina, Tiamina e Citosina (le quattro lettere sono anche evidenziate in azzurro nei titoli di coda).
Nel rendere un mondo asettico dove i sentimenti sono a rischio - forse proprio per questa facoltà di costruire su misura abilità, caratteri e anche le unioni delle persone – il film sconta un po’ di freddezza narrativa e a volte è un po’ didascalico. I momenti di suspense non mancano, e a un certo punto anche di azione. Tuttavia è in alcune pieghe della sceneggiatura che emergono con forza e ironia i tratti salienti delle tematiche centrali: i dialoghi tra Vincent e Jerome, tra Vincent e il medico che svolge gli screening di ammissione al volo e non solo. In tal senso è molto efficace il colloquio iniziale tra i genitori di Vincent e il genetista, allorché discutono il corredo genetico del secondo figlio:
Genetista: … Mi sono preso la libertà di eliminare qualsiasi condizione potenzialmente pregiudizievole. Calvizie precoce, miopia, alcolismo e predisposizione alle dipendenze, propensione alla violenza, obesità.
Marie Freeman: Non volevamo… Malattie sì, ma…
Antonio Freeman: Ci stavamo solo chiedendo se non fosse meglio lasciare alcune cose al caso…
Genetista: Mi creda, abbiamo già abbastanza imperfezioni… Tenga presente che questo bambino è pur sempre voi.
Semplicemente il meglio di voi.
Il rapporto tra i due fratelli, oltre ad abbozzare la problematica della competizione fisica tra validi e non validi e dell’esclusione di uno dei due da certi percorsi anche affettivi, si rivelerà decisivo nel finale della narrazione.
Però, è soprattutto il rovesciamento di ruoli tra Vincent e Jerome a dimostrare l’assurdità della discriminazione su base genetica e le pericolose implicazioni psicologiche su entrambi i versanti. La relazione di mutuo interesse e di sostegno tra i due sfocia in una sorta di amicizia-consorzio, dove le categorie tradizionali di eroe e antieroe si confondono e dimostrano tutta la precarietà dei criteri con cui vengono definite. Soprattutto quando il contesto attorno ha cambiato le regole valoriali appiattendole sull’eugenetica. Vincent antieroe contro tutti per affermare il proprio diritto alla felicità? Jerome eroe maledetto (“de-gene-rato” sic) interiormente minato dall’ossessione di essere primo? In realtà sono entrambi eroi dotati di qualità diverse e sono entrambi antieroi perché decisi a sottrarsi al proprio destino anche a costo di agire illegalmente e forse poco eticamente.
Entrambi sono due facce della stessa medaglia, ovvero l’essere umano volitivo e idealista, ma non dispensato da quello che lo rende umano: la fragilità. Quando vedrete il film non potrete non chiedervi se proviate più simpatia per il rigore dell’uno o la sregolatezza dell’altro, quel Jerome così romantico fino all’ultima… ciocca di capelli.