FOLLIA IN MUSICA: UN TEMA INASPETTATO
Nell’ambito di quella che oggi definiamo come cura della salute mentale di un individuo, sarebbe sgradevole includere termini che suonano oggi grotteschi, romanzeschi, offensivi. Pazzia, mattata, follia oggi sono termini del mondo colloquiale, e non più termini della scienza medica. Nella musica colta occidentale, però, per un lungo periodo, Follia ha avuto un significato formale radicatissimo, preciso, e ben poco folle, nella sua stesura.
La storia del tema della Follia ha le sue radici nel tardo medioevo tra Spagna e Portogallo, dove questa forma di danza ternaria, con una stabilità e una melodia precisa, vorticosa e rapida, divenne uno dei balli popolari più diffusi nelle sagre contadine. Secondo alcune persone, questi festeggiamenti erano talmente esuberanti e orgiastici da prendere in toto il nome di “Folia Camponesa”, o “Folia Primitiva”.
La danza divenne in breve quello che gli occhi di oggi definirebbero un successo, o un tormentone, tanto che venne rapidamente acquisita nei repertori delle corti cinquecentesche iberiche e da lì iniziò il suo percorso che si snoda nei meandri di moltissima musica classica, fino a riverberare anche in quella contemporanea.
Fin dalle prime sue versioni “cortesi”, il tema viene rielaborato e si trasforma rapidamente in un vero e proprio genere formale. La linea melodica sparisce, ma si mantiene la struttura armonica che la sosteneva, e insieme, il ritmo diventa più ampio e cadenzato. Il suo sapore si avvicinava alle formali passacaglie o sarabande, danze di gruppo con ruoli e passi assai densamente codificati… Ma rimanendo nemmeno troppo lontano dalle frenetiche danze popolari: dopo alcune esposizioni dei nuovi temi, la struttura musicale si apriva, incorporando nell’esecuzione una serie di variazioni più o meno improvvisate, le “Diferencias”. L’esecuzione di una Follia insomma era qualcosa di davvero simile a molti brani del moderno mondo jazzistico: veniva esposto un tema, e poi su quella struttura metrica e musicale, gli esecutori si libravano in virtuosismi eccezionali e sempre più arditi. Sempre più folli, appunto.
È naturale, dunque, che decine di compositori, ispirati da queste esecuzioni o addirittura virtuosi esecutori loro stessi, a cavallo tra il XVI e il XIV secolo abbiano prodotto la loro versione della Follia, o utilizzato il tema originale nei loro brani. In moltissimi vi si cimentarono: Frescobaldi, Scarlatti, Corelli, Vivaldi nel bel paese; Lully in Francia; JS Bach e suo figlio Carl Philipp Emmanuel in Germania, e sto citando solo gli esempi più noti.
La versione di Arcangelo Corelli, inclusa nella celebre raccolta di Sonate a Violino e Violone o Cimbalo, Op V, del 1700, fu la scintilla a far nascere molte simili composizioni. La sua è un’ampia serie di variazioni sullo stesso basso, dove Corelli fa germinare una gamma assai vasta di idee, metri e andamenti che esaltano in salsa barocca l’antico tema portoghese. Tra i compositori più tardi è bene citare Antonio Salieri, che sulla Follia compose le spettacolari 26 Variazioni per orchestra; e Georg Friederich Händel con la splendida sarabanda dalla Suite per clavicembalo in Re minore n. 11, che è divenuta la versione inconsapevolmente più nota al grande pubblico. È infatti utilizzata magistralmente per la colonna sonora del film “Barry Lyndon” di Stanley Kubrick. L’incedere tragico della Sarabanda, e quindi della Follia, sottolinea al meglio il lento dipanarsi dell’esistenza del protagonista, in una tensione continua tra realizzazione di sé, dovere e tragedia.
Beethoven utilizzò il tema della Follia nella sua V Sinfonia, e persino il celeberrimo pianista Franz Liszt nel 1867 utilizzò il tema in “Rapsodia Spagnola”, e all’inizio del Novecento Sergej Rachmaninov compose le Variazioni su un tema di Corelli per pianoforte.
Tornando a Kubrick per un momento, però, è sicuramente interessante notare che anche Arancia Meccanica si apre con una versione al sintetizzatore della Follia: è una rielaborazione da “Music for the Funeral of Queen Mary” (1694) composizione di Henry Purcell, ennesimo travestimento del tema iberico, e come in Barry Lyndon questa musica sembra una promessa di tragedia e morte.
C’è quindi un tarlo che rode le orecchie degli ascoltatori e delle ascoltatrici europee da molti secoli: un tarlo ben riconoscibile, trascinante e che scuote chiunque, che ha il sapore dell’ossessione e tinte fosche di dramma: la Follia. Che quindi, a nostra insaputa, è parola ben più viva di quanto potessimo immaginare.