LGBTIQA+ Identità

FLUSSO DI COSCIENZA

23 Mar 2023
A cura di Alessio Avellino

La nostra identità è l’insieme di tutte le nostre scelte e, forse, anche di quelle che non abbiamo fatto.

Non ho scelto di nascere a Napoli Est negli anni ‘90, “ai bordi di periferia dove i tram non vanno avanti più”, dove la criminalità organizzata faceva da padrona. I miei genitori, un operaio e una casalinga, non immaginavano neanche lontanamente di aver dato vita a un figlio maschio, nonostante una F sull’atto di nascita e una A alla fine del mio nome attestassero il contrario.

Oggi mi chiamo Alessio, ma non è sempre stato così.

Sono cresciuto in un quartiere popolare, con una sorella più grande dalla femminilità evidente mentre io cercavo di indossare pantaloncini e scarpe da ginnastica maschili schivando qualsiasi accessorio che afferisse alla dimensione del femminile. Mi sono diplomato al liceo linguistico e poi ho iniziato a studiare sociologia, alla Federico II di Napoli.

Per la società in cui sono vissuto non sono sempre stato Alessio. La verità è che nemmeno io ho avuto subito coscienza di essere Alessio. Ma non sarebbe potuta andare diversamente. Sono stato sin dalla nascita socializzato come una bambina, ho vissuto l’infanzia nelle aspettative femminili della società, per questo sono stato considerato troppo ribelle, troppo vivace, troppo perspicace. Tutti “troppo” che, se fossi stato dichiarato come Alessio sin da subito, forse sarebbero apparsi fin da subito per ciò che sono: inutili e privi di senso.

Ho vissuto l’adolescenza come ragazza non binaria lesbica senza comprendere le espressioni con cui venivo bollato: maschiaccio, mascolino e androgino. Confondevo la mia espressione con la mia identità e soprattutto col mio orientamento sessuale. Per la maggior parte della mia vita mi sono sentito sbagliato senza capirne il perché.

Poi le cose sono cambiate. A 18 anni ho iniziato a studiare scienze sociali e mi sono avvicinato sempre più all’idea che avevo di me. Ho esplorato ogni possibilità di esistenza, superando gli stereotipi e l’ordine di genere che categorizzano e regolano la società. Ho scoperto le lotte alla parità di genere, il femminismo, le discussioni radicali e post-strutturaliste ad esso collegate e ho scelto di abbracciare queste cause al di là del mio corpo ma non al di là della mia essenza.

Soltanto a ventidue anni ho iniziato a maturare l’idea che il fuoco che sentivo ardere era alimentato dall’ irresolutezza dell’essere: alla domanda “chi sei” diventava sempre più difficile rispondere.

È nel tumulto della “generazione” di me che parto per Spoleto, per il 208° corso Agenti della Polizia di Stato ed è in un ordine così definito che le (in)certezze esplodono, è nella palazzina L del dormitorio femminile che l’impeto del divenire si fa concreto. Durante questo corso intraprendo il mio percorso di transizione FtM, identificandomi come un ragazzo eterosessuale e non per questo meno femminista, abbandonando l’idea di tradimento nei confronti della categoria femminile liberata da ogni stereotipo.

Oggi sono Alessio - anche per la legge - faccio l’agente di Polizia e il dottorato in Scienze Sociali e Statistiche. Credo profondamente nella ricerca sociale a livello accademico e non solo. Un’attività, questa, che unisce le mie due dimensioni più importanti: lo studio empirico e l’attivismo. Dal 2021 sono il presidente dell’associazione Polis Aperta, l’unica associazione nazionale per gli appartenenti LGBT+ alle forze di polizia. Lavoriamo per intensificare la rete di sostegno e solidarietà a tutt* i/le collegh*, vogliamo diffondere un messaggio di formazione, consapevolezza e orgoglio. Il nostro obiettivo, attraverso l’uso di una comunicazione positiva, è superare i limiti dei pregiudizi. È come se ci fosse un’opposizione invalicabile tra i ruoli che in me si rappresentano: da un lato, il significato politico connotato ideologicamente da un appartenente alle Forze dell’Ordine e dall’altro, la coscienza sociale che muove il percorso di determinazione del sé di una persona LGBT+. Mi sono sentito e mi sento tutt’oggi spesso fuori posto, senza un ruolo in cui identificarmi realmente: una contraddizione; ma non è dalle esperienze contraddittorie che nascono le rivoluzioni!

Luciano De Crescenzo nel suo film più famoso, apostrofando l’ approccio epicureo ci provocava così: “ma perché sacrificarsi per i posteri, che cosa hanno fatto questi posteri per noi? ”Me lo sono chiesto spesso, in questi anni. “Questi posteri” però oggi hanno un viso, un nome e una narrazione di possibilità e io li guardo e li vivo nella consapevolezza tutta personale di farlo per loro sì ma per non lasciare più da solo l’Alessio abbandonato alla paura.

E allora sono contento di aver scelto un approccio stoico nell’ esperienza della mia esistenza, seppur inconsapevolmente; perché se solo ciò che non si nomina non esiste, oggi soltanto così esisto: nominandomi.

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