FELICE CHI È DIVERSO - Poesia e prosa d’amore tra Sandro Penna e André Aciman

08 Mar 2021

Nicole Riva

«Felice chi è diverso / essendo egli diverso. / Ma guai a chi è diverso / essendo egli comune».

Questa poesia, vero e proprio manifesto della diversità in ogni sua sfaccettatura, apre la seconda raccolta poetica di Sandro Penna, Appunti, pubblicata nel 1950 da La Meridiana. Con la calma e la tranquillità che distinguono i suoi versi, il poeta gioisce delle discrepanze che intercorrono tra lui e l’ambiente letterario e sociale dell’epoca. Nato a Perugia nel 1906, si trasferisce nella capitale alla fine degli anni Venti, qui Penna inizia a scrivere le sue prime poesie, che riceveranno gli apprezzamenti di molti grandi poeti del suo tempo, tra i quali Saba, e nel 1939 pubblica la sua prima raccolta, sebbene le esitazioni da parte di amici e colleghi fossero molte. Da questa breve descrizione biografica, che non vuole essere esaustiva, Sandro Penna ci appare come uno dei tanti autori che costellano i manuali di letteratura italiana dedicati al XX secolo, ma non è così. Egli è un uomo isolato, «gelosissimo della sua selvatica solitudine»: esce di rado, non frequenta gli eventi mondani, vive appartato circondato dalle sue carte. Anche sul piano stilistico il poeta si discosta dalla norma, nei decenni dominati dalla poesia ermetica di Montale, si attesta come antimodernista, con riprese che spaziano dalla classicità alla poesia crepuscolare. La scrittura di Penna è chiara e limpida, spontanea e naturale, legata a un unico grande tema, che lo porta a essere ai margini della letteratura del suo tempo: l’omosessualità. Dichiaratamente omosessuale, ha due grandi storie d’amore, una giovanile con Ernesto e una più tarda con Raffaele, un ragazzo molto più giovane di lui. L’amore per i fanciulli è il tema cardine delle sue opere poetiche e di alcune sue dichiarazioni volutamente provocatorie; scrive in Poesie: «Sempre fanciulli nelle mie poesie! Ma io non so parlare d’altre cose».

Sandro Penna e Pier Paolo Pasolini

Avere come tema fondamentale della propria poetica l’omoerotismo durante il Fascismo e negli anni del dopoguerra, avrebbe potuto seriamente compromettere Sandro Penna come poeta, eppure quella diversità e quella marginalità di cui si è finora parlato non è stata solo frutto della non accettazione della poesia da parte della società, ma soprattutto una scelta personale. Penna viveva una fase creativa complessa, fatta di poesie nascoste nei doppifondi o in cassette della frutta capovolte sotto al letto. In ogni caso, la poesia “diversa” di Sandro Penna non ha mai realmente subito censure ed è stata positivamente criticata da molti grandi della nostra letteratura, primo tra tutti Pasolini, ma anche Saba, Montale, Gatto, Gadda e Ginzburg. Nel 1957 la raccolta Poesie, nella sua seconda edizione, vince il Premio Viareggio, malgrado metà della giuria giudichi i suoi versi troppo scabrosi.
Io credo che il successo della poesia di Penna, di certo elitaria e purtroppo ancora poco studiata, sia dovuto allo stile candido e sublime con cui descrive l’amore, dalle passioni prive di colpa alla felicità irresponsabile di quei momenti che poi però nascondono l’amarezza della fine.
I versi di Sandro Penna e l’innocenza delle sue parole hanno lo stesso profumo degli ultimi giorni d’estate, dopo aver trascorso l’intera stagione in vacanza tra i lidi di Porto San Giorgio alla scoperta dei primi amori e della propria sessualità, un po’ come l’estate descritta da André Aciman nel suo romanzo Chiamami col tuo nome. La vicenda si svolge in un piccolo paesino ligure durante gli anni ‘80; la famiglia di Elio, giovane adolescente colto e inesperto, ospita per l’estate uno studente universitario americano, Oliver. Nasce tra i due una timida attrazione che sfocia in un amore mai ostacolato dalla differenza di età o dalla scoperta dell’omoerotismo. Il romanzo è caratterizzato da uno stile molto poetico, non c’è perversione tra le righe, solo dolce ingenuità. Il racconto è completamente narrato dal giovane Elio e racchiude tutti i suoi pensieri: paure, sentimenti e delusioni. Al contrario, i componimenti di Penna sono scritti dall’adulto che si innamora del fanciullo, come se a raccontare questa volta fosse Oliver.
Riesco a immaginare Oliver che dopo essere stato baciato da Elio tra i fili d’erba ingialliti dalla calura estiva, torna nell’abitazione che lo ospita, si chiude la porta alle spalle e appoggiato al legno pensa: «Forse la giovinezza è solo questo / perenne amare i sensi e non pentirsi». Non sono però solo questi versi a regalarci un parallelismo tra le due opere: negli ultimi capitoli del romanzo l’estate sta per finire, Elio e Oliver si concedono un viaggio a Roma e corrono ebbri tra le vie della Città Eterna, colmi di una felicità che di lì a poco sarà destinata ad esaurirsi con la fine della stagione e il ritorno negli Stati Uniti di Oliver. Posso sentirli cantare per le vie: «Andiamo, andiamo disperatamente / ancora insieme ne la notte fonda / e lieve e vellutata dell’estate». Allo stesso modo non mi stupirei se, per un bizzarro gioco fantapoetico, saltasse fuori che in realtà la frase «Chiamami col tuo nome e io ti chiamerò col mio» fosse stata scritta da Penna e poi nascosta dietro la cornice di un quadro.

André Aciman

Abbiamo detto che Penna scrive di un amore “diverso” e se vogliamo mantenere questa linea di pensiero, anche Aciman descrive un amore “non tradizionale”; eppure quest’ultimo, durante la presentazione del suo ultimo romanzo, Cercami, ha espresso il suo sentirsi vicino al personaggio di Elio. In quel momento, tra il pubblico, io ho pensato che tutti coloro che sono capaci di amare, indipendentemente dall’oggetto del loro amore, siano Elio. Rimane invece un po’ più difficile immedesimarsi nella totalità delle poesie di Penna, che possono talvolta trasmettere un retrogusto amaro, dovuto alla vena provocatoria del poeta, ma che di certo non impediscono di considerarlo uno dei grandi del secolo scorso.

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