Privilegi e alleanze

Fabio Paracchini: The Brave Boys Club

Intervista a Fabio Paracchini: Cofounder & Leadership & Transitions Coach (PCC) di Leadagious® e presidente del Brave Boys Club®.
A cura di Marta Bello
18 Dic 2024

Ti chiederei di presentarti e raccontarci un po’ come nascono Leadagious e The Brave Boys Club…

Ho co-fondato Leadagious, startup e società benefit, insieme a Lorenza Pellegri, mia moglie. Dopo una lunga carriera nel mondo della comunicazione, ci siamo resɜ conto che ciò che ci appassionava di più era aiutare le persone a diventare la versione migliore di sé. Così ci siamo certificatɜ come coach internazionali, specializzandoci in leadership e transitions coaching, che applichiamo a tutte le transizioni della vita, sia personali che professionali.  The Brave Boys Club nasce dal mio desiderio di essere un maschio più costruttivo e di contribuire in modo positivo al mondo. Non ha niente di prescrittivo, non è un corso, bensì un luogo in cui le persone, con la mia guida, si confrontano e si aiutano per diventare più simili a ciò che vogliono essere. Il nostro scopo è la trasformazione delle singole persone, crediamo che la responsabilità individuale sia fondamentale per i cambiamenti nella società.

Qual è l’obiettivo del Brave Boys Club? Che reazioni hai ricevuto?

The Brave Boys Club è nato quasi contemporaneamente a Leadagious, volevamo creare un progetto dall’impatto immediato, anche se non numericamente grande. Abbiamo scelto una brand identity forte, il logo sembra quello di una palestra di pugilato, lo abbiamo fatto di proposito perché l’estetica attorno alla mascolinità consapevole è respingente per il 99% degli uomini.
Il nostro scopo non era coinvolgere persone già convinte, ma creare un ambiente in cui gli uomini potessero davvero mettersi in gioco.  Il “Boys Club” richiama l’immaginario maschile tradizionale, ma abbiamo aggiunto “Brave” perché serve coraggio per affrontare certe sfide. Abbiamo avuto il patrocinio dal Comune di Milano e ne siamo molto felici.  E grazie alla partnership di WPP Group, Warner Bros Discovery e the6th siamo stat3 on air con una campagna pubblicitaria molto provocatoria, le affissioni per strada sono il modo più democratico di comunicare, dato che sono viste da chiunque. Abbiamo ricevuto le reazioni più disparate. Agli incontri si sono presentate molte persone diverse tra loro, questo indica che c’è un bisogno di fondo, e una cosa di cui sono veramente felice è la diversità reale che c’è, e che talvolta è anche faticosa. L’obiettivo è avere uno spazio dove i maschi possano parlare tra loro, andando contro lo stereotipo che i maschi non parlano di certe cose, che del resto è un po’ vero. È uno spazio safe, in cui tutti sono contenti di poter parlare, condividere e ascoltare. Oltre alle reazioni molto positive, una donna l’ha definita un’attività oltraggiosa in un mondo che dà già tanto, troppo, agli uomini. Lo trovo molto comprensibile, ne parliamo spesso.  Ci sono stati anche uomini che si sono sentiti offesi, come se li avessimo incolpati di qualcosa. Questo è un tema interessantissimo. Noi viviamo in un paese di forte tradizione cattolica, dove si confonde la responsabilità con la colpa. Noi non parliamo mai di colpe, io non penso in nessun modo che i maschi siano un problema. Penso che i maschi abbiano un problema, che è ben diverso. Quando hai un problema, puoi scegliere se occupartene o meno. Ed è una responsabilità individuale di tutti i maschi, che non ha nulla a che fare con le colpe. 

Come funzionano gli incontri?

All’inizio non sapevo bene cosa aspettarmi né sapevo se qualcuno sarebbe davvero venuto. Direi che ogni sessione è diversa, sperimentiamo. Spesso partiamo da una statistica o un dato, qualcosa che è successo in quel periodo a qualcuno di noi oppure nel mondo. Cerco di fare in modo che i presenti non esprimano la loro opinione su un tema, ma portino la loro esperienza su quel tema, che è ben diverso. Ho scoperto che facciamo mansplaining anche tra noi maschi… Il lavoro è proprio quello: cercare di allontanarsi dalle opinioni e dalle letture sociopsicologiche per riportare sempre tutto nell’ambito dell’esperienza individuale. Ultimamente siamo partiti dalla giornata mondiale per la prevenzione del suicidio. In Italia ci sono circa 4.000 suicidi all’anno, di queste persone, il 78% sono uomini, spesso in momenti di crisi lavorativa. Ci sono differenze semantiche pazzesche tra i biglietti lasciati dagli uomini da quelli delle donne. Sono frequentissime espressioni come ‘mi sentivo inutile, sentivo di non servire a niente e a nessuno’. Da lì abbiamo iniziato a ragionare sulla men’s box, cioè la scatola della mascolinità che contiene tutto quello che un uomo dovrebbe e non dovrebbe essere, e che ci limita nei modi più incredibili. Un altro dato assurdo da cui siamo partiti è che in Italia soltanto il 3% degli insegnanti elementari sono maschi, all’asilo meno dell’1%. Il tema primario è la relazione con noi stessi e come il maschilismo e il patriarcato limitano e condizionano prima di tutto noi, e poi ovviamente anche le nostre scelte che impattano le altre persone. Parliamo di cose profonde e delicate, ma in modo leggero. Ridiamo e ci divertiamo molto!

Come possono fare gli uomini per essere dei veri alleati nella parità di genere e riconoscere i propri privilegi? 

È una domanda difficile! Credo fortemente che per essere i migliori alleati possibili delle donne, i maschi debbano imparare a essere i migliori alleati di sé stessi, fare il proprio bene e migliorarsi. Un altro tema fondamentale è l’uscita dalla logica binaria, onnipresente quando si parla di questi temi. Il gioco a somma a zero è quello in cui se unǝ vince, unǝ perde. Se tu ottieni qualcosa, la perdo io, ma anche se tu hai ragione io devo avere torto per forza. E invece non è vero. Spesso abbiamo entrambɜ ragione, in maniera diversa, da punti di vista diversi. E la soluzione, l’alleanza non è cedere e nemmeno con-cedere, bensì trovare un terreno comune e modi diversi di guardare alle cose. Abbandonare i privilegi non deve essere una rinuncia. È un cambio di mindset, un modo nuovo di guardare il mondo e sé stessɜ. Gli uomini con cui parlo, in questo momento, e includo anche me, sentono un enorme bisogno di avere delle alleate. Credo che, se vogliamo crescere, dobbiamo essere tuttɜ alleatɜ di tuttɜ. Essere alleatɜ vuol dire soprattutto non giudicare, anche se è difficilissimo. Giudizio è diverso da valutazione.Valutare i comportamenti, le parole che vengono dette, va bene ed è necessario, giudicare è distruttivo. 

Ci sono mai stati dei momenti difficili da gestire?

Non abbiamo mai avuto momenti di forte conflitto. È un percorso bello e faticoso, in cui ci sono stati momenti di grande emozione. Da sempre a noi uomini vien detto di non piangere e non sono molte le emozioni che ci consentiamo di provare e di esprimere. Una volta, un partecipante ha ricordato di non aver pianto al funerale del padre, e in quel momento si è concesso di farlo, riappropriandosi del suo ricordo. I momenti più intensi sono proprio quando ripensi al tuo passato in cui come padre, figlio, compagno, collega, o anche semplicemente come persona, hai lasciato che una certa idea di mascolinità ti negasse delle cose che invece avresti voluto fare, dire o essere.

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