Dare voce a chi non ha voce, preservare la memoria tra Manzoni e l’attualità
«L’Historia si può veramente definire una guerra illustre contro il Tempo», così Alessandro Manzoni apre l’introduzione del suo celebre romanzo I Promessi Sposi; ma quale significato dobbiamo attribuire a questa frase? È innegabile che con il passare degli anni, dei secoli e dei millenni, l’unico modo per ricordare fatti e personaggi del passato è quello di affidarsi agli storici e alle storiche: se oggi ricordiamo le grandi campagne di Napoleone, tutte le fasi dell’Impero Romano e addirittura i nomi di alcuni regnanti sumeri, è solo grazie al ruolo della storia, che ha preservato queste informazioni fino ai nostri giorni. La possibilità, però, di ricordare ogni piccolo evento e persona vissuta dall’alba dei tempi a oggi rimane tuttavia impossibile, in quanto il tempo, per sua natura, cancella tutto ciò che all’apparenza non è degno di essere ricordato. Uno degli aspetti più dolorosi della storia è proprio questo: al contrario dei grandi personaggi storici, le persone comuni, tra le quali, badate bene, ci siamo anche noi, raramente trovano spazio nei libri di storia, non hanno il privilegio di fare parte della letteratura storica; le loro vite, le loro lotte quotidiane e i loro contributi spesso rimangono nell’ombra, dimenticati dal tempo. Questo crea una visione parziale della storia, dove solo le gesta dei potenti e dei famosi vengono ricordate e celebrate, mentre le esperienze e le storie di milioni di persone comuni, che hanno vissuto, amato e sofferto, vengono polverizzate dall’oblio. Sono sempre I Promessi Sposi a mostrarci una via su questo aspetto, mettendo in luce un’altra faccia della medaglia: in una Lombardia del XVII secolo, durante la dominazione spagnola, i personaggi si muovono in un contesto segnato dalla Guerra dei Trent’Anni, una grave carestia e la devastante peste del 1630. I protagonisti del romanzo, però, non sono re Filippo IV di Spagna o Gonzalo Fernández de Córdoba, che a malapena appaiono sullo sfondo, bensì le persone più umili, rappresentate da Renzo Tramaglino e Lucia Mondella. Manzoni descrive con realismo le sofferenze della popolazione, le ingiustizie sociali e il ruolo centrale della religione nella vita quotidiana.
Le vicende degli sposi promessi permettono da un lato di esplorare temi universali come la giustizia, la fede e la resilienza umana, ma dall’altro rendono possibile ai lettori e alle lettrici la connessione emotiva con il passato, facendo comprendere meglio le dinamiche sociali e morali che hanno plasmato la storia, e portando a trovare parallelismi con le loro vite attuali. La connessione che si crea tra il lettore o la lettrice e il personaggio (che anche se non è esistito veramente, fa comunque parte della sfera del verosimile) attiva l’importante processo della memoria, che, vista la portata del romanzo, può essere ormai considerata di tipo collettivo. Quando parlo di privilegio, oggi come nella storia, intendo quindi quello di non essere un numero. Non devo nemmeno spiegare il contesto se parlo di 6 milioni, ma posso anche nominare dati più vicini a noi, come i 9000 civili che ad oggi hanno perso la vita nella guerra Russo-Ucraina o delle oltre 40.000 vittime del conflitto Israelo-Palestinese stimate dopo l’attacco del 7 ottobre 2023, potrei anche stringere il cerchio alle 531 persone morte nel Mediterraneo del 2024 o alle 731 che sono ritenute disperse. Il privilegio è essere ricordate in quanto persone, anche se non si sono compiute grandi gesta. Un’iniziativa come il Remember Wall, promosso dallo Yad Vashem per commemorare le vittime della Shoah, consente a chi si iscrive di essere associato/a a una persona nel database, conoscerne la storia e diffonderla, dando così un volto e una narrazione a ciascuna delle vittime dell’Olocausto. Allo stesso modo, il libro Naufraghi senza volto, scritto dalla medica legale Cristina Cattaneo, racconta le storie dei/delle migranti morti/e nel Mediterraneo e il lavoro per restituire loro un’identità e una dignità come esseri umani. Queste iniziative sono cruciali perché proteggono chi normalmente non ha il privilegio di essere ricordato/a, preservandoli/e dall’oblio del tempo. Nel nostro piccolo, è importante impegnarci a documentare, raccontare e diffondere le storie che conosciamo. Attraverso questi sforzi, non solo preserveremo le memorie individuali, ma contribuiamo anche a costruire una memoria collettiva più inclusiva e rappresentativa. Ogni storia che condivideremo amplierà il privilegio di essere ricordati/e, dando voce a chi altrimenti sarebbe dimenticato/a e garantendo che le esperienze di tutti/e trovino un posto nella narrazione storica.