COVID-19 - Le donne pagano un prezzo più alto degli uomini?

28 Set 2020

Alessandra Sinibaldi

Il mondo del lavoro non è certo a misura di donna e la crisi economica legata alla pandemia ha ulteriormente aggravato lo squilibrio di genere. Questa asimmetria è ancora molto forte in Italia e comprende diversi aspetti: dal carico domestico alla disparità salariale, dalle opportunità di crescita alle posizioni di leadership.

Sul tema disparità di genere la questione lavoro è centrale

La “grande onda” del virus ad esempio ha accentuato gli squilibri sociali intaccando nel profondo l’idea di famiglia in Italia: si è, infatti, dato per scontato che le famiglie, alla chiusura di nidi e scuole, si sarebbero adattate, se non arrangiate, a prescindere dalle risorse a disposizione del nucleo familiare. E, in molti casi, a farne le spese sono state le mamme lavoratrici. Secondo i dati dell’Istat sul mercato del lavoro, dopo il lockdown è aumentata in larga percentuale la disoccupazione femminile. Ma  anche nel periodo pre-Covid la situazione non era certo rosea: era occupata meno di una donna su due. Inoltre, solitamente si assiste a un notevole sbilanciamento dei carichi mentali e domestici tra uomo e donna, l’80% dei quali ricade su quest’ultima. Anche la parità salariale è ben lungi dall’essere stata raggiunta: il Global Gender Gap Report 2020 vede l’Italia al 76° posto mondiale nella classifica dei Paesi che la attuano, con un peggioramento rispetto all’anno scorso, quando eravamo 70esimi. Un’altra discrepanza riguarda le possibilità di carriera e di leadership: solo il 6,3% delle donne è Amministratrice Delegata nelle aziende quotate. Se parliamo poi del mio settore, il mondo della sanità è quello in cui l’asimmetria di leadership tra generi è più evidente. E, come è stato fatto notare durante gli “Stati Generali delle Donne” 2020, “la mancanza e/o forte carenza di donne ai vertici delle varie istituzioni ed Organismi rappresentativi del mondo sanitario produce, a cascata, la loro assenza ai tavoli decisionali. Questo comporta una non vera presa in carico dei problemi del mondo sanitario femminile e della collettività in genere”. 

La leadership femminile: onore o onere?

A prescindere da questo periodo di crisi sanitaria che ha, sicuramente, accentuato una vera e propria disuguaglianza sociale, mi sono chiesta cosa significhi essere una donna manager. Si presuppone, infatti, che una donna manager, oltre ad essere competente nel  lavoro, sia dotata di capacità di leadership, ma  nei fatti non è così scontato. A prescindere dal sesso di appartenenza, essere leader significa saper guidare gli altri; indipendentemente dal proprio ruolo e livello organizzativo, significa  farsi ascoltare, persuadere, ma anche ispirare e coinvolgere. Per una leader donna entra in gioco un altro fattore: la percezione di sé e degli altri. Su questo  rimando a un interessante discorso tenuto durante un TEDx dalla documentarista statunitense Robin Hauser. Un intervento rivelatore, oserei dire, che ha posto l’attenzione sull’eterno dilemma che riguarda molte donne leader, spesso costrette a scegliere tra il risultare competenti o il risultare simpatiche (competency vs likability), obbligo che – a quanto pare - non riguarda la leadership maschile. Questo perché, purtroppo, ancora oggi prevalgono i bias inconsci, ovvero stereotipi di genere che influenzano la percezione che tutti - uomini e donne - abbiamo delle donne di successo. Per fare un esempio: mentre la donna “leader” può risultare antipatica, l’uomo risulterà deciso e risoluto; a parità di caratteristiche personali, una donna  debole corrisponderà ad un uomo empatico. Sicuramente non esiste una soluzione rapida e univoca, poiché si tratta di scardinare dall’interno stereotipi radicati nella società. Quello che è certo è che serve un cambiamento sociale. 

Le aziende possono fare la loro parte: vi racconto di Janssen

Janssen sostiene con forza la leadership e la rappresentanza femminile in azienda. Janssen Italia è socio fondatore e membro attivo di Valore D. Inoltre, la presenza femminile è espressa a tutti i livelli gerarchici, con oltre il 40% del Board dei Direttori di Janssen Italia composto da professioniste. Un importante esempio per il Paese, se si pensa che nel totale dell’industria italiana si può trovare solo 1 donna ogni 10 dirigenti. Rispetto alla situazione mondiale, inoltre, le donne in Janssen Italia occupano il 44% delle posizioni di Senior Management (dirigenti e quadri) rispetto a una media pari al 12% delle aziende dell’area EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa e) e del 19% dell’America del Nord. L’azienda ha anche programmi per accelerare i percorsi di crescita delle leader di domani (il Global Women Leadership Program, N.d.A.). Infine, siamo state tra le prime aziende in Italia a lanciare il Parental Project, un aiuto prezioso e concreto per le madri (2 mesi di maternità aggiuntivi pagati al 100% dall’azienda).

In Janssen, abbiamo potuto usufruire dello smart working fin da inizio marzo. Nel mio caso posso ritenermi fortunata perché le mie  figlie adolescenti si sono dimostrate mature e solidali e questa situazione è stata  un’occasione per sostenerci a vicenda e avvicinarci. Non sono mancate le difficoltà. Se in tempi normali lo smart working ha facilitato il bilanciamento vita privata/lavoro”, in tempo di emergenza ho dovuto imparare , come molti, a gestire meglio l’agenda per segnare un confine tra i due “mondi”: come un’azienda farmaceutica siamo impegnati nello sviluppo di un candidato vaccino contro il Covid19 quindi, i ritmi, sono sempre stati molto sostenuti. 

Janssen sta inoltre dando molta importanza a diversi temi afferenti la Diversity&Inclusion che riguardano non solo il genere, ma anche l’orientamento sessuale, l’appartenenza alle minoranze e le disabilità. Non solo perché la D&I rientra nel sistema di valori che guidano l’operato dell’azienda, ma perché si tratta di un vero e proprio driver di business e non di pura reputazione. In Janssen non parliamo di concetti astratti bensì di iniziative e progetti concreti portati avanti da un gruppo di lavoro appositamente creato per questo scopo, per il quale tra l'altro ho avuto l’onore di essere chiamata a d essere coordinatrice. O forse dovrei dire leader?

...Vi sto ancora simpatica?

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