COS’È L’ECO ANSIA?
Ho conosciuto l’eco ansia nel 2017 e l’anno successivo è diventata così insostenibile dallo spingermi a mollare la vita che facevo. A scatenare questa reazione è stato un conto alla rovescia: “mancano 13 anni al punto di non-ritorno” era quanto stabiliva l’orologio climatico delle Nazioni Unite.
Io avevo una vita “normale” e quella frase mi ha perseguitata per mesi. Mi alzavo la mattina, andavo al lavoro, implementavo strategie di comunicazione per aziende che contribuivano ad alimentare il problema della crisi climatica, tornavo a casa stravolta, ricominciavo il giorno dopo. Avevo poco tempo per tutto. Per me, per chi mi circondava, per nuove esperienze di vita, e quella frase era sempre davanti agli occhi: hai 26 anni, ne mancano 13 e tu stai vivendo così il tempo che ti rimane.
Vivresti così, sapendo di avere i giorni contati? Useresti così gli ultimi anni vivibili sul Pianeta Terra? Un turbinio di pensieri affollava la mia mente ai tempi.
Quel che era peggiore è che mi sentivo sola, terribilmente sola. Nessuna persona intorno a me si interessava al collasso della vita su questo pianeta, troppo poche parlavano, preoccupate, di cambiamenti climatici. Partners, amiche, famiglia, collegh*… Erano completamente indifferenti, non sapevano di che cosa stessi parlando e perché.
Non trovando appoggio intorno a me, perché non c’era chi vedeva quel che vedevo, leggevo, sentivo e temevo, ho deciso che dovevo provare a salvarmi da sola. Mi sono detta che avrei mollato tutto e avrei trascorso gli ultimi anni della mia vita a viaggiare per il mondo, per godermelo finché sarebbe stato ancora come me lo ricordavo, ovvero, vivibile. Ho trovato rassicurazione nell’idea che mi sarei colmata gli occhi di bellezza prima di lasciare questo mondo allo sfacelo.
Sono passati sette anni da allora, e oggi, il conto alla rovescia ci dà meno di sei anni al raggiungimento del punto di non ritorno. Abbiamo attraversato una pandemia, qualcun* grazie a questa ha avuto modo di prendere la mia stessa decisione, quella di mollare tutto, di ri-pensarsi e ri-generarsi in salse diverse e rivoluzionarie. Oggi se ne parla decisamente di più, ma forse dentro a delle bolle e forse non quanto e come dovremo, con l’urgenza che merita.
Abbiamo l’eco ansia. Nulla da patologizzare, ma anzi, una risposta perfettamente razionale di fronte a quel che ci attende se non si porteranno avanti cambiamenti sistemici rapidi e coraggiosi. Chi si sente preparat* a quel che verrà? Parliamo di manuali d’istruzione anziché di-struzione.
Cos'è l'Eco Ansia e come ci fa sentire?
Parliamo della “paura cronica del disastro ambientale". Il cambiamento climatico sta cambiando la faccia di Gaia e lentamente erodendo la salute mentale di chi ne è consapevole.
Posso parlarvi per esperienza personale, questo sentire oscura il presente. Si vive in uno stato di allerta continuo, accompagnato da un senso di impotenza e catastrofismo. Stress, ansia generalizzata, cattivo umore, rabbia, insonnia, fino a sfociare in attacchi di panico e depressione, stati invalidanti. Quando si sta così non si è utili a sé stes*, alle altre persone, al Mondo.
Come si convive e affronta l'Eco Ansia?
L’eco ansia va validata, accolta, e la miglior terapia consiste nell’agire. Un agire che inizia dal prendersi grande cura di noi stess*, delle comunità e dei territori che ci circondano. Io lo penso da sempre: come sarebbe il mondo se ogni persona ci mettesse del suo per agire il cambiamento nella propria vita e in tutte le attività e persone con cui interagisce? Se la maggior parte di noi lo facesse, il proprio mondo e quello altrui cambierebbe nel giro di pochi mesi. Think Global, act local, è un motto che ci racconta che il problema è globale, sistemico, ha bisogno di partecipazione collettiva e istituzionale, ma che noi abbiamo il potere di agire in modo personale e adattato ai nostri contesti di riferimento.
Metterci a disposizione del mondo, ha l’effetto di curare anche tutti i sintomi dell’impotenza e della disperazione. Mettere cura ed essere pro-attiv* alle cause che vorremmo portare avanti, alimenta il coraggio e ottimismo.
Oggi seguo il lavoro di molt* professionist* internazionali a riguardo. In Italia, le figure più autorevoli che seguo e stimo sono Marcella Danon, fondatrice e direttrice di ‘Ecopsiché -Scuola di Ecopsicologia’ un istituto che promuove l'ecopsicologia in Italia dal 1996 e Matteo Innocenti, Psichiatra e autore di “Eco ansia, i cambiamenti climatici tra attivismo e paura” che racconta e aiuta ad affrontare questi sentire
Da dove possiamo cominciare?
Professionist* espert* in eco-psicologia ci dicono che i modi migliori per combattere l’eco-ansia sono sicuramente due: l’attivazione e il ricongiungimento con la natura. Non hanno molte controindicazioni ma solo il potere di migliorare la nostra esistenza e pure di fare un lavoro di prevenzione sull’eco ansia. Scongiurarla, perché prevenire è sempre meglio che curare quando parliamo di pericoli più o meno visibili.
Chi tra noi ha qualche idea di ciò che si sta svolgendo, ha la possibilità di prepararsi mentalmente, emotivamente, spiritualmente e materialmente. Saremo forse più pront* ad allenare chi ci raggiungerà poi, perché avremo pre-elaborato alcune delle perdite che altre persone negheranno ancora per un po', e forse saremo in grado di sostenerle quando finalmente affronteranno ciò che verrà.
“L’ uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile: Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando” (Hubert Reeves)