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CITTADINI E CITTADINE DEL MONDO - PASSAGGIO IN INDIA

A cura di Martina Dondiego
26 Mar 2024

Parola chiave: persona. Prima della legge Basaglia, quando ancora esistevano i manicomi in Italia, questa parola non era utilizzata nell’ambito della salute mentale. Per riferirsi a una persona con problemi psichiatrici, si usava il termine “malato”/“malata” e il rapporto era di tipo malatə-professionista. La persona malata perdeva la sua caratteristica di essere umano, veniva disumanizzata.

La Polisportiva Aurora di Prato è un’associazione che nasce con l’obiettivo di promuovere la salute mentale attraverso attività che riuniscano le persone con problemi psichiatrici, creando così una comunità resiliente e solidale. Lo sport, come la pallavolo e il rugby, l’arte terapeutica e il contatto con la natura attraverso trekking in montagna, sono spazi di incontro significativi. Tra le varie attività, la Polisportiva ha gestito per alcuni anni una pizzeria, un luogo dove le persone con problemi psichiatrici potevano lavorare insieme, utilizzando i guadagni della pizzeria per attività extra e acquisendo esperienza lavorativa. È stato in questo contesto che ho scoperto l’importanza di questi spazi: attraverso il mio contributo come volontaria in pizzeria, ho potuto comprendere il valore delle relazioni orizzontali, le quali hanno favorito la creazione di un clima solidale e di sostegno reciproco durante l'attività lavorativa.

Ogni anno, la Polisportiva Aurora portava avanti un progetto di cooperazione internazionale socio-sanitaria chiamato “Cittadini del Mondo – Passaggio in India”, al quale ho partecipato nel novembre del 2018. Il progetto si svolgeva nello Stato del Kerala, nel sud dell’India, e prevedeva la partecipazione di un gruppo eterogeneo di circa venti persone, tra studenti e studentesse, personale sanitario e persone con problemi psichiatrici appartenenti alla Polisportiva. L’obiettivo principale era quello di migliorare la qualità di vita dei cittadini e delle cittadine indianə che vivevano in una struttura nota come ‘Settlement’, un luogo simile ai manicomi presenti in Italia prima della legge Basaglia: luoghi alienanti, che portano le persone ad estraniarsi, a non avere più un contatto con la vita “reale”. Nei 12 anni di attività del progetto, sono stati compiuti interventi edilizi e attività artistiche a sfondo terapeutico, con l’obiettivo di creare un contesto nel quale le persone che abitano questo luogo-non luogo potessero lavorare e svolgere piccole attività che nella loro semplicità, hanno un grande valore concreto, ritrovando così un senso di autonomia e dignità. Sentivamo l'esigenza di far comprendere a queste persone che non erano sole e che c'era un mondo esterno a preoccuparsi per loro. Perché questo è ciò che accade con le malattie mentali, le persone tendono a sprofondare improvvisamente in una solitudine tale per cui il mondo esterno sparisce. In particolare, le malattie di ordine depressivo o pseudo depressivo tendono a circoscrivere la persona nei confronti della società, a rinchiuderle in loro stesse. La Polisportiva Aurora portava al Settlement la tecnica del “fare assieme”, con l’obiettivo di utilizzare i lavori edilizi nella struttura manicomiale come una scusa per interagire con le persone, coinvolgendole anche in attività di arte terapia e di gioco come la pallastrada. In questo modo, i/le pazienti del Settlement diventano padronə di quegli spazi, li modificano con le loro stesse mani, per una volta non sono sopraffatti da essi, succubi, segregatə, ma costruiscono, edificano, scelgono. 

Durante la permanenza in India, abbiamo incontrato persone con storie e background diversi tra gli/le ospiti del Settlement. Abbiamo constatato che la maggior parte di loro non erano pazienti psichiatrici, ma persone svantaggiate a causa di diversi fattori, come individui con disabilità fisiche, senza dimora, giovani in difficoltà a causa di dipendenze da sostanze stupefacenti e donne fuggite da situazioni di violenza domestica. Strutture come questa sono sorte in Kerala per via del divieto da parte del governo di vivere in strada, una legge che vuole tutelare la sicurezza nelle strade ma anche nascondere gli anelli deboli della società, chiudendoli in una struttura dalla quale non possono uscire, come un vero e proprio centro di detenzione, all’interno del quale le persone sono per altro private di diritti fondamentali quali la libertà e l’accesso a servizi igienico-sanitari. Ricordo stanze affollate da donne punite per aver tentato di scappare e chiuse a chiave, alcune senza vestiti, costrette a fare i propri bisogni nello stesso suolo in cui dormivano. Negli anni, il gruppo di volontari e volontarie ha denunciato la violazione dei diritti umani, coinvolgendo le università locali e dando il via a manifestazioni nella città di Cochin, allo scopo di riportare l’attenzione pubblica su un luogo apparentemente dimenticato. Il Settlement è stato finalmente chiuso nel 2019 e le persone sono state ricollocate in strutture più dignitose. 

Anche nell’Italia dei manicomi, la maggior parte delle persone ospitate in strutture manicomiali non erano persone con malattie psichiatriche, ma individui in condizioni di disagio, tra cui bambini e bambine, persone senza fissa dimora ed emarginate. Così, la nostra missione in India era quella di interrompere il ciclo dell'oblio, offrendo attenzione e supporto a vite apparentemente sprecate. Partendo dall'Italia, dove la riforma Basaglia ha portato alla chiusura dei manicomi e all'implementazione di servizi di salute mentale sul territorio, abbiamo condiviso l’esperienza di trent’anni di psichiatria territoriale a Prato, dimostrando come la salute mentale possa essere affrontata al di fuori di luoghi chiusi, costruendo ponti accoglienti per coloro che vivono con disagi mentali. Arriviamo in India, un luogo dove le malattie mentali o altre condizioni di disagio costituiscono ancora uno stigma sociale importante, ancor più in un contesto di povertà strutturale, dove le famiglie difficilmente possono farsi carico di unə parente bisognosə di assistenza sanitaria.

Ecco perché il concetto stesso di cooperazione si rivela fondamentale nell’ambito socio-sanitario: la cooperazione diventa un modo per combattere la segregazione sociale. La persona trascurata nei manicomi, torna al centro dell’attenzione e diventa agente attiva del cambiamento. La stigmatizzazione della malattia mentale, particolarmente diffusa in India, è affrontata attraverso la scoperta della ricchezza nella diversità e l'importanza di lavorare insieme per stare meglio; così, la cooperazione diventa il fondamento su cui edificare il benessere collettivo. Gli indiani e le indiane, una volta stimolatə, partecipano attivamente alle attività proposte. Comunichiamo attraverso gesti ed espressioni facciali, creando un linguaggio magico fatto di sguardi profondi e silenzi. Nei loro volti si riflette la gratitudine per il tempo trascorso insieme, ripagando la fatica della giornata di lavoro. Ci scopriamo in qualche modo guaritə e pienə di coraggio per aver tolto il velo da sopra quel mondo fragile e aver scoperto che al di là del dolore e della miseria, ci sono sogni, c’è ancora speranza. 

A Franco Basaglia

Il vento, la bora, le navi che vanno via
il sogno di questa notte
e tu l’eterno soccorritore
che da dietro le piante onnivore
guardavi in età giovanile
i nostri baci assurdi
alle vecchie cortecce della vita.

Come eravamo innamorati, noi,
laggiù nei manicomi
quando speravamo un giorno
di tornare a fiorire

ma la cosa più inaudita, credi,
è stato quando abbiamo scoperto
che non eravamo mai stati malati. 

Alda Merini

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