CIS-ETERONORMATIVITÀ - La impariamo da piccolə anche attraverso le immagini degli albi illustrati

08 Mar 2021

E. Fierli e S. Marini

“È come se ognuno dovesse stare nel suo vaso. Come i cetriolini? Si, come i cetriolini.
I cetriofemmine dentro un vaso, i cetriomaschi dentro un altro, e i maschifemmine? Non si sa dove metterli. Io credo che possiamo essere femmina e maschio, nello stesso tempo, se si vuole. Al diavolo le etichette. Ne abbiamo il diritto!”

Sono queste le parole che amiamo citare con cui Giulia rivendica il proprio diritto a essere ciò che vuole e ciò che sente. Un’efficace metafora di ciò che crediamo che un albo illustrato debba offrire: la complessità della realtà, le infinite possibilità che ci troviamo di fronte, la libertà di decidere e di vivere le proprie scelte e le proprie esperienze. Attraverso progetti educativi e formativi sviluppati dalla nostra associazione e ricerche accademiche, da oltre 10 anni indaghiamo quanto le narrazioni degli albi illustrati svolgano un ruolo fondamentale nella costruzione dell’immaginario delle persone e nella socializzazione dei generi. Le immagini, i modelli, le situazioni rappresenteranno i nostri riferimenti per leggere il mondo, ci torneranno alla mente e condizioneranno anche indirettamente molti dei nostri comportamenti. E se il nostro bagaglio di rappresentazioni sarà ricco, vasto e variegato, avremo sicuramente un numero maggiore di codici interpretativi per decifrare ciò che sta accadendo attorno a noi e scegliere in modo critico e libero.

In questa sede vorremmo cogliere l’occasione di uno spazio circoscritto e dialogico per condividere una serie di punti che ci sembrano fondamentali dal punto di vista educativo, a partire da una lettura femminista e queer degli albi illustrati. Senza la pretesa di dare risposte ma, anzi, con l’intenzione di aprire a domande e discussioni, vogliamo concentrare la nostra attenzione sulle rappresentazioni che l’editoria italiana per l’infanzia ci propone, in chiave non binaria e di superamento della cis-eteronormatività (Rinaldi, 2016).

Quando si parla di orientamenti sessuali e affettivi con fasce di età che vanno da 0 a 11 anni, si tende a concentrare l’attenzione sulle tipologie familiari. L’esperienza familiare che ogni persona porta all’interno di una comunità, soprattutto quando si tratta di comunità educative e di persone molto piccole, è estremamente varia e difficilmente classificabile all’interno di modelli precostituiti. Le rappresentazioni, invece, sono molto spesso riduttive e povere rispetto alle tante situazioni abitative, di composizione familiare, di gestione dei ruoli e delle relazioni all’interno della famiglia stessa. Per questo il lavoro che ogni agenzia educativa deve fare è aprire il più possibile gli orizzonti, mostrando e valorizzando la ricchezza in cui siamo immers*. Diventano quindi fondamentali i libri a tema, i cataloghi di famiglie, le storie che visibilizzino famiglie omogenitoriali o, più in generale, non eteronormate. Se ci limitiamo, però, a questo tipo di rappresentazioni e di proposte narrative, il rischio (che è poi quello di questo tipo di letteratura) è che la nostra lettura della complessità si appiattisca in modo acritico perché tali rappresentazioni, concentrandosi sul superamento di uno stereotipo o di una precisa norma sociale, tendono a lasciare intatte tutte le altre categorie, senza favorire un approccio decostruttivo che promuova la capacità di mettere in discussione e ripensare il sistema mondo (Borghi, 2020).

È invece necessario, a nostro avviso, spostare il punto di vista e la discussione su un altro piano. Se parliamo di orientamenti sessuali e affettivi a un pubblico tra 0 e 11 anni è necessario cominciare a proporre narrazioni che non diano per scontato né che il sesso assegnato alla nascita a bambine e bambini coincida con la loro identità di genere, né che la base da cui partire sia l’eteronormatività, che ci suggerisce/impone una divisione binaria dei generi e la complementarietà di ruoli, rappresentazioni e prestazioni. Si tratta di praticare un’educazione che aggredisca e metta in discussione proprio quell’ovvio e quel “per scontato” che opprimono la crescita e lo sviluppo delle diverse soggettività, a partire dal riconoscimento del ruolo che rivestono nel condizionamento degli individui e della vita sociale (Borghi, 2020; Ghigi, 2019).

In Italia sono pochi i libri che vengono in nostro aiuto e, seppure si stia prendendo una posizione sempre più netta di contrasto alle rappresentazioni stereotipate del maschile e del femminile, il binarismo e la cis-eteronormatività non sono ancora messi in discussione. Il risultato è una persistente resistenza a trattare dei corpi, delle sessualità e delle identità di genere. Il già citato Storia di Giulia mostra la ricerca di uno spazio nel mondo per poter essere ciò che siamo e sviluppa l’intera narrazione sul disagio di non rispondere a precise norme sociali e sul disperato tentativo di sottrarsi fisicamente alle pressioni che queste rappresentano, ritrovandosi alla fine solo nella condivisione dei vissuti con un nuovo amico, che trasforma un’esperienza di esclusione nella rivendicazione della propria soggettività. Nell’esperienza di Julián non sono invece i contrasti a dominare il suo viaggio, tra realtà e immaginazione, nella sperimentazione di espressioni e identità di genere. Qui la fascinazione per le “sirene” che stanno camminando verso una sfilata, il voler intensamente essere come loro e con loro, trova soddisfazione nel travestimento, ma, anche e soprattutto, nel supporto della nonna che appoggia il percorso del nipote, mostrando di non avere alcun pregiudizio verso i desideri del piccolo Julián. Mare, protagonista del libro di Cristina Portolano sperimenta nelle profondità pelagiche le pressioni per la conformità esercitate da alcuni animali marini che non l* riconoscono né come maschio, né come femmina, ma anche l’incitamento alla trasformazione e alla sperimentazione da parte dei pesci pagliaccio. Koala riceve da Uccellino, che lo esorta a interrogare le norme che lo trattengono, il sostegno a perseguire i propri desideri, ad assecondare il piacere che prova nell’indossare il vestito che tanto ama. Narrazioni e rappresentazioni che ci ricordano come la scoperta e l’affermazione di sé siano processi di costru- zione relazionali e quanta parte di responsabilità risieda nella scelta degli stimoli, delle risposte, delle proposte che offriamo e delle posture che assumiamo come figure educanti.

“Dobbiamo poter riflettere proprio sui processi definitori delle categorie sessuali e dei ruoli che vengono ascritti e acquisiti, riconosciuti e messi in atto. Dunque, diventiamo sessuali perché ci viene riconosciuto un ruolo che emerge in condizioni storiche, giuridiche e morali specifiche, rispetto al quale acquisiamo aspettative che dobbiamo gestire, negoziare, o persino verso cui dobbiamo opporre resistenza o da cui difenderci ma che ci dota tuttavia di copioni che informano i nostri comportamenti. Questa analisi può essere utilizzata anche per com- prendere in che modo acquisiamo un ruolo eterosessuale, come diventiamo eterosessuali.” (Rinaldi, 2016, p. 189).

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