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LE PRIX DU PASSAGE

A cura di Paola Suardi
03 Gen 2024

Regia di Thierry Binisti, Belgio, Francia / 2022 / 102 min.
con Alice Isaaz , Adam Bessa, Ilan Debrabant, Catherine Salée (Irèn

“Le prix du passage” del regista francese Thierry Binisti, film vincitore del Bergamo Film Meeting nel 2023, è una commedia con venatura thriller dove la tensione monta a poco a poco e il tema principale è quello dell’immigrazione. La vicenda che percorre la fiction illumina con efficacia molti aspetti sociali e relazionali di questo fenomeno inarrestabile e doloroso, ma non sono solo i confini geografici attraversati dai migranti a destare la nostra attenzione per questa pellicola.

Natacha è una madre single venticinquenne che lavora come cameriera in un fast food e fa i salti mortali per riuscire a crescere con fatica Enzo, il figlio di otto anni, con cui ha anche una bella intesa. Walid è un migrante iracheno che, come migliaia di persone a Calais, sta cercando di raccogliere abbastanza soldi per pagarsi un viaggio di sola andata in Inghilterra. I due, entrambi disperati, finiscono per organizzare insieme un business artigianale di passaggi clandestini per migranti irregolari. I veri criminali dell’immigrazione clandestina, però, li scoprono velocemente e da quel momento iniziano i guai.

Il film si apre con la fuga rocambolesca di Natacha e il figlio, attraverso la finestra dell’appartamento, per sfuggire al padrone di casa che reclama la pigione. Nel tragitto in auto verso la scuola cantano insieme una canzone italiana e rischiano di investire un uomo che attraversa precipitosamente la strada per fuggire a sua volta, ma dalla polizia che sgombera il campo di rifugiati e migranti. Più avanti scopriremo che quell’uomo è Walid e i due protagonisti si incontreranno nuovamente.

Dentro questa trama troviamo ovviamente il tema dell’immigrazione che è inizialmente sullo sfondo della vicenda di Natacha, quasi un elemento del paesaggio urbano in cui vive, e poi entra pesantemente nella sua vita. In questo contenuto si inseriscono in modo incisivo e mai ridondante la storia di Walid, studente di letteratura che cita Voltaire - “Un uomo è libero nel momento in cui desidera esserlo” – e vorrebbe riprendere gli studi, ha attraversato Turchia, Grecia, Macedonia, Serbia, Ungheria, Austria e Germania prima di giungere a Calais, reca sulla schiena profonde cicatrici. Allo stesso modo il regista ritrae efficacemente le enormi precarietà emotive ed economiche vissute da Walid e dagli altri migranti che sbarcano il lunario in attesa di passare la Manica. 

La riflessione sui confini è però anche all’interno della vicenda personale di Natacha, che lotta per trovare una propria autonomia e indipendenza economica rispetto alla comfort zone che le offre la madre, anche lei è una donna sola e lavoratrice ma molto collaborativa verso la figlia. Natacha si sente in gabbia e vagheggia un’evasione verso una terra idealizzata, l’Italia delle cartoline, mentre il suo orizzonte resta limitato dalle necessità quotidiane. Tutto il film è infatti attraversato anche dal tema dei confini che esistono tra i sogni che vorremmo realizzare e la realtà che viviamo. Natacha è immersa in una situazione di grande precarietà: vive in un appartamento senza riscaldamento, viene licenziata e condivide in qualche misura il disagio e l’urgenza di vivere diversamente dei giovani migranti che incontra e a poco a poco conosce. Arriviamo così al tema dei confini tra due mondi che nel quotidiano si sfiorano ma non si parlano, e invece in questo caso arrivano per necessità a compenetrarsi e a conoscersi, cioè quando Natacha e Walid divengono complici nel traffico di clandestini da Calais a Dover.

La storia di Natacha e Walid consente di conoscere i motivi di chi decide di partire, i destini, le speranze e le paure di una vita nuova legate alla migrazione, così consente di cambiare il nostro sguardo proprio come cambia nel corso del film quello della giovane donna. Natacha incarna lo sguardo che si posa per la prima volta su una comunità, quella dei migranti accampati a Calais e periodicamente sfollati dalle forze dell’ordine, e ne scopre – insieme allo spettatore e alla spettatrice – dinamiche, profondi disagi e sentimenti. Riuscire a guardare oltre al proprio confine culturale e mentale è l’obiettivo raggiunto da questo film attraverso una narrazione ricca di colpi di scena che ci avvince, forte del grande lavoro di sceneggiatura e regia svolto con associazioni e migranti, riuscendo a dare volti ed emozioni autentiche a ciò che l’informazione spesso riduce a freddi numeri e statistiche.

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