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Camion elettrici? Coming soon

A cura di Michela Offredi
09 Ott 2023

Qual è la situazione del mercato automobilistico elettrico in Italia?

La tendenza, vista anno su anno, è sicuramente positiva. Nel 2020 c’erano circa 14 mila punti di ricarica pubblici, oggi siamo a 45 mila. Anche in autostrada siamo arrivati a circa 660 punti di ricarica, il 60% indicativamente sopra i 150 kW di potenza. Dallo scorso anno, sempre sulla rete autostradale, indicativamente abbiamo quasi 7 punti di ricarica ogni 100 km. Il trend è in linea con il tasso di crescita e di penetrazione dei mezzi elettrici. Nel 2023, fino a luglio sono state immatricolate oltre 36 mila auto BEV (Battery Electric Vehicle, cioè 100% elettriche); comparando l’analogo periodo nel 2022, abbiamo un +29%. Le auto BEV immatricolate in Italia, raggiungono così una market share del 3,8%. Il confronto con l’Europa è purtroppo “imbarazzante”: a giugno 2023, la quota di mercato Europea BEV si attestava al 15%, superando il diesel al 13,4%. Il divario che si sta creando mostra che in assenza di interventi mirati l’Italia rischia di perdere il contatto con i Paesi europei, con cui dovrebbe ambire a competere. Questo implicherà anche il non centrare gli obiettivi di crescita delle auto elettriche al 2030 riportati con l’ultimo aggiornamento del Piano energia-clima (Pniec). In quest’ottica, diventa sempre più urgente utilizzare in modo maggiormente efficace le risorse già stanziate per il settore, intervenendo sul cap di prezzo per accedere agli incentivi, estendendo le agevolazioni in forma piena anche per le flotte aziendali e i noleggi e rivedendo la fiscalità con vantaggi specifici per chi sceglie la mobilità elettrica.

È tempo di supportare la crescita come negli altri Paesi, non gravandola di fattori deterrenti, senza creare confusione e soprattutto senza prospettare scenari apocalittici che, in realtà, non ci sono. Il trend dell’industria automobilistica è rivolto all’elettrico. Questo è chiaro, come lo è che stiamo parlando di una progressione che non avverrà istantaneamente, come se avessimo una leva che determina il cambiamento da termico a elettrico istantaneamente. Saranno necessari alcuni anni per il cambiamento e per far fronte agli effetti collaterali, che comunque esistono. Parlo soprattutto del percepito occupazionale, un aspetto approfondito da Motus-E e dall’Università Ca’ Foscari di Venezia, per il tramite del CAMI (Center for Automotive & Mobility Innovation), un network di ricercatori e accademici esperti nei settori dell’industria automobilistica e della mobilità sostenibile che hanno costituito l’Osservatorio sulle Trasformazioni dell’Ecosistema Automotive italiano. L’Osservatorio, facendo un censimento certosino delle aziende e dei suoi occupati, fa chiarezza su quanti effettivamente sono a rischio poiché impegnati nella tecnologia ICE (Internal Combustion Engine vehicles, la auto tradizionali, per intenderci), se decidessimo di boicottare tale cambiamento. Nel nostro Paese bisogna, inoltre, considerare un fattore: esistono varie Italie, che si muovono a velocità diverse. Il Nord è più avanti su BEV ed infrastrutture di ricarica, anche perché risente della maggior presenza degli europei che si muovono in auto e sempre più utilizzano auto BEV. Questo è da tenere ben presente dall’industria turistica, che deve essere pronta anche su questo fronte, se vorrà essere più competitiva e attrattiva rispetto ad altri Paesi europei. L’industria turistica è un comparto con elevato potenziale di sviluppo e crescita, ma ciò richiede necessariamente adeguate infrastrutture.

È importante proseguire nella direzione intrapresa, facendo maggiore chiarezza riguardo ciò che significa passare all’elettrico. Ci sono ancora pessimismo e resistenza, alimentati dalla “confusione”. A supporto di ciò il fatto che l’ansia per il tempo di ricarica o per trovare una “colonnina” svanisce in chi inizia a usare l’elettrico, comprendendo cosa e come si viaggia in elettrico. Questo senza asserire che tutto sia risolto e funzioni perfettamente: c’è sempre margine di crescita, ed è fondamentale la consapevolezza di come usare le risorse disponibili per progredire, migliorando ed ottimizzando. È tempo di dare un impulso decisamente superiore, al fine di avere una maggiore penetrazione dell’elettrico, recuperando il divario europeo. Rinnovo l’importanza di chiarezza e adeguati supporti per garantire una molteplicità di scelte da parte di chi voglia avviarsi sulla strada dell’e-mobility. Oggi il trend positivo è dovuto alla intraprendenza e volontà delle aziende coinvolte a vario titolo nella mobilità elettrica, mentre è “osteggiato” dal punto di vista “politico”.

Non esiste un’alternativa al BEV e alla rete di ricarica elettrica privata e pubblica che sia “industrialmente pronta” per dare da oggi ai prossimi anni gli stessi risultati effettivi riguardo gli obiettivi di sostenibilità. E con “Industrialmente pronta” è da intendersi replicabile in grandi volumi e a costi sostenibili dal mercato. Sempre in merito all’osteggiare, parlando degli incentivi per le infrastrutture di ricarica, siamo nella situazione in cui sono stati messi a bilancio da tempo, ma non operativi per mancanza dei decreti attuativi. Questo ha creato aspettative da parte dei settori di mercato coinvolti, con implicazioni negative che si ripercuotono sulle industrie che offrono le soluzioni di ricarica e di chi le installa e manutiene: siamo pertanto al paradosso che il “ritardo” ha comportato mancata produzione e riduzione di occupazione, a livello nazionale, locale, nonché meno raccolta di contributi (tasse). Infine, un altro dato interessante riguarda la ricarica “lenta” di tipo domestico: sono stati “censiti” oltre 400 mila “punti”. Vuol dire che, malgrado tutto, c’è una predisposizione decisamente orientata verso la mobilità elettrica.

Ed è una scelta fatta anche da ABB, giusto?

La svolta di ABB verso l’elettrico risale a ben 10 anni fa con l’acquisizione di Epyon, azienda olandese che si occupava di prototipi di colonnine per la ricarica, e racconta in modo chiaro la nostra visione riguardo la sostenibilità. Fu una acquisizione di natura tecnologica, avendo l’azienda già sviluppato un charger da 50 kW del tipo “all-in-one” che caricava un solo veicolo (“all-in-one” significa che la sezione di conversione AC/DC e il connettore da collegare all’auto elettrica sono disposti nello stesso “armadio”, ndr). Partendo da ciò, in ABB si è investito ampliando le competenze e capacità, innovando continuamente e oggi un charger dello stesso ingombro può erogare fino a 360 kW, con la possibilità di caricare più veicoli contemporaneamente.

Ma il successo non è stato determinato solo dall’innovazione tecnologica, c’è un altro punto fondamentale: l’innovazione diventa proficua e contribuisce con risultati positivi, solo quando si può dominare la tecnologia che evolve, traducendo l’innovazione in capacità di produzione a livello industriale. Solo così arrivano sul mercato prodotti in quantità e qualità, con caratteristiche omogenee e con prezzi accessibili, consentendo di realizzare un cambiamento come quello della e-mobility. ABB ha innestato l’innovazione in ambito e-mobility nella competenza di saper sviluppare prodotti su scala industriale, mettendo le sue capacità produttive a disposizione dei piani di crescita di Paesi e aziende che credono nel settore della e-mobility e hanno ambiziosi piani di sviluppo nel settore. In ambito e-mobility, le competenze per lo sviluppo industriale dei charger sono Italiane e rappresentate dallo stabilimento di San Giovanni Valdarno in provincia di Arezzo, centro d’eccellenza per lo sviluppo di soluzioni in corrente continua. Ricerca e sviluppo sono importanti come stimolo e provocazione per dare vita a nuove idee, ma è fondamentale poi la capacità di trasformarle in prodotti industriali.

Il tema del cambiamento climatico è pressante, soprattutto per le nuove generazioni e soprattutto nella comunicazione di massa. Che ruolo possono avere le grandi aziende quando si parla di sostenibilità?

È tutto collegato allo sviluppo di competenze. In tal senso è importante creare un “ecosistema”, dove ci sia uno scambio osmotico di “best practice”, anche di fallimenti, se possono aiutare a trovare la migliore soluzione. In ABB ci muoviamo attorno a tre grossi pilastri. Il primo è la riduzione dell’anidride carbonica. L’obiettivo è di supportare i clienti con prodotti e soluzioni per raggiungere determinati obiettivi di riduzione della CO2. Il secondo pilastro si basa su una grande attenzione a ridurre gli sprechi, ponendo attenzione all’aspetto energetico, all’acqua, alle emissioni, agli scarti delle lavorazioni: l’obiettivo è migliorarsi e ridurre ulteriormente l’impatto di come lavoriamo sulle risorse della Terra. Terzo pilastro è il fattore umano.

Le persone non sono un elemento del ciclo di produzione che deve raggiungere un certo risultato meramente produttivo: sono un elemento attivo che contribuisce agli obiettivi di sostenibilità. Faccio un esempio, la collaborazione fra ABB e Junior Achievement, la più vasta organizzazione no profit al mondo dedicata all’educazione economico-imprenditoriale nelle scuole. Alcune nostre persone riservano tempo al cosiddetto “dream coach”, con alcuni insegnanti che accompagnano studenti e studentesse delle scuole secondarie a sviluppare la propria idea di business e a creare la propria azienda. Questo ci obbliga a un confronto con il mondo dei giovani, che non ha esperienza lavorativa e ha un linguaggio diverso da quello a cui siamo abituati quotidianamente.

Parliamo infine di svolta elettrica anche nel “trasporto pesante”, tema che le sta particolarmente a cuore…

Siamo in ritardo! …Questa però, e sotto certi aspetti, è una notizia positiva. Se ci fossero più camion elettrici in giro avremmo più problemi, perché le infrastrutture italiane sono state concepite esclusivamente per le auto. La penetrazione degli e-truck sul mercato avverrà a partire dai prossimi mesi e avverrà gradualmente in funzione dell’effettiva disponibilità da parte dei costruttori, interessando progressivamente diversi contesti applicativi.

A oggi il grosso dei mezzi commerciali, rappresentato dai furgoni, è legato alla consegna cosiddetta “dell’ultimo miglio”. L’e-commerce ha provocato un incremento significativo di tali mezzi con un “intasamento” soprattutto in ambito urbano. Si tende, anche per questo, ad andare verso l’elettrico con un ingresso significativo di mezzi.

Intanto arrivano i camion. L’85% del traffico pesante si valuta operi un servizio di navetta, facendo la spola o delle rotte prestabilite. Questo implica potenzialmente vari benefici: ad esempio, si possono acquistare camion con batterie tali da garantire il tragitto predefinito o ancora si possono predisporre punti di ricarica nei punti di arrivo e partenza, senza necessità di ricarica intermedia, ma durante le operazioni di carico/scarico. C’era molto scetticismo riguardo i percorsi a lunga percorrenza per i mezzi pesanti, tanto è vero che si puntava sull’idrogeno. I fatti però smentiscono questo scenario. Oggi i costruttori di camion predispongono mezzi con batterie che forniscono chilometraggi compatibili con il tempo di pausa obbligatorio dopo un certo numero di ore di percorrenza. Nel tempo di sosta si ricaricano le batterie, fornendo l’autonomia per la successiva percorrenza. Per garantire la ricarica e l’autonomia nel tempo di sosta si è sviluppato un nuovo standard di ricarica il “Mega Charging”. I primi prototipi di “Mega Charging” sono già stati rilasciati dallo stabilimento ABB E-mobility di Valdarno in modo che le industrie automobilistiche potessero mettere a punto la tecnologia adeguata nei loro mezzi.

Oggi si stanno gettando le basi per iniziare ad avere dal 2025 un impatto positivo sull’ambiente anche da parte del traffico pesante che opterà per l’elettrico. C’è tempo, ma necessitiamo politicamente di azioni di supporto. Quella che sembrava una barzelletta si sta tramutando in realtà, in un piano industriale che vede già mezzi di questo tipo circolare in Europa e, ci auguriamo, nel 2025, anche nel nostro Paese.

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