Assemblare nuove estetiche

11 Apr 2022

Oltre le diagnosi per corpi transgender desideranti

Il 2022 è entrata in vigore l’undicesima versione della Classificazione internazionale delle malattie (ICD-11) curata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). La novità di questa recente versione è aver derubricato il Disturbo dell’Identità di Genere e aver inserito nel capitolo relativo alle Condizioni correlate alla salute sessuale la definizione di “Incongruenza di Genere”. Non più una diagnosi, quindi, ma una condizione possibile dello sviluppo sessuale. È stata una grande novità per la comunità transgender internazionale che vede riconosciuti i propri bisogni speciali per quanto riguarda i percorsi medici e psicologici di affermazione di genere e una depatologizzazione della propria identità e del proprio vissuto. In questa riflessione sulla bellezza connessa al mondo transgender vorrei proprio partire dalla definizione dell’ICD-11 di Incongruenza di Genere: “L’incongruenza di genere è caratterizzata da una marcata e persistente incongruenza tra il genere vissuto da un individuo e il sesso assegnato. Il comportamento e le preferenze di genere da soli non sono una base per assegnare le diagnosi in questo gruppo.” Per molti anni è stata necessaria una diagnosi per essere “veramente credibile” come persona transgender. Spesso mi chiedo se l’incongruenza sia nell’occhio dei clinici e della società e non nella mente delle persone transgender e gender-nonconforming. Per diverse decadi psichiatri e psicologi hanno basato le proprie diagnosi su un bias sessista e patriarcale considerando vere donne transgender e veri uomini transgender solo chi aderiva completamento ai canoni estetici e comportamentali (oltre all’avere un orientamento rigorosamente eterosessuale) dettati da una visione cisgenere ed eterosessuale di ciò che sia uomo e donna, non considerando le varie possibilità e sviluppi che l’essere umano è capace di cogliere nella propria sessualità. 

Spesso il passing diventa pervasivo nella vita delle persone transgender. Con questo anglicismo si indica quando e quanto si possa passare come persona cisgenere in società, nascondendo qualsiasi caratteristica fisica che possa far intendere che ci sia stato un passato in un genere assegnato alla nascita diverso da quello in cui si vive attualmente. Nella rincorsa all’ideale estetico cisgenere, ci si sottopone anche a chirurgie invasive affinché il passato possa essere cancellato. 

Tutto questo deve far riflettere. Il passing è l’aderenza totale a certi immaginari estetici e preserva le persone transgender, in particolar modo le donne, dal bullismo, dalla discriminazione e dalla violenza. Appartenere anche solo esteticamente al gruppo privilegiato e maggioritario preserva e “passare” per molte persone significa salvare la propria vita e proteggersi in parte dal minority stress. 

Dall’altra parte decostruire la norma sui corpi può farci rimanere smarriti e senza una soluzione. In parte Deleuze e Guattari ci vengono incontro quando parlano di assemblaggio. Esso consiste nel mappare aspetti complessi e contraddittori di stasi sociale momentanea, trasformazioni e recuperi di posizioni (marginali). La nozione di assemblaggio è utile per denotare le connessioni e le relazioni umane con altri esseri umani, animali, oggetti, istituzioni e artefatti culturali. Un assemblaggio annulla il privilegio del corpo umano come il luogo in cui si trova il desiderio di genere e sessuale. Secondo Deleuze e Guattari, gli esseri umani sono macchine desideranti a cui non manca nulla; non sono né un sesso né due, ma “n sessi”, il che “capovolge l’ordine statistico dei sessi”. 

Le persone non hanno un’integrità diversa da quella prodotta attraverso connessioni affettive all’interno di assemblaggi costituiti da relazioni con altri corpi, cose e idee e, come tale, l’affettività è centrale per comprendere le relazioni umane. Queste connessioni delle macchine desideranti umane, attraverso le quali si svolgono le vite, le società e le storie, ci permette di analizzare le capacità emergenti, i flussi e il divenire di un assemblaggio come oggetti di studio e considerare l’estetica transgender oltre il passing e osservarla come si crea attraverso desideri e affetti divergenti rispetto a un immaginario eterosessuale.

Il concetto di macchina desiderante, qualcuno che ha desideri produttivi verso il mondo, permette un’analisi di corpi divergenti in varie situazioni politiche, personali e pubbliche. C’è maggiore spazio per una comprensione inclusiva delle somiglianze e differenze delle persone transgender e gender-nonconforming se ci rifiutiamo di giudicare “sovversivi” bensì incorporiamo gli assemblaggi come una necessità etica e metodologica. Partire da questo punto di vista analitico è prezioso perché ci permette di riconfigurare le differenze all’interno di categorie più ampie di uomini transgender, donne transgender e persone non binarie, e trasformare la comprensione delle connettività storicamente divergenti che costringono e producono diverse intensità incarnate.

Bibliografia:

Deleuze G and Guattari F (1984) 

Anti-Oedipus: Capitalism and Schizophrenia

London: Athlone Press. 

Deleuze G and Guattari F (2004) 

A Thousand Plateaus: Capitalism and Schizophrenia. London: Continuum. 

Deleuze G and Guattari F (2007) 

We always make love with worlds. In: Lock M and Farquhar J (eds) Beyond the Body Proper: Reading the Anthropology of Material Life. 

Durham, NC: Duke University Press, pp. 428–432.

Valentina Coletta

1985, attivista transgender e femminista, laureata in psicologia clinica presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”. 

Collabora con l’associazione Ora d’Aria e il Dipartimento di psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione di “Sapienza” Università di Roma. 

Si occupa dei temi legati alle migrazioni delle persone transgender, la tratta e lo sfruttamento del lavoro sessuale

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