
ARTE E AI: l’intelligenza artificiale sarà la morte dell’arte?
L’Intelligenza Artificiale entra e pervade il mondo dell’Arte aprendo scenari e dilemmi etici molto complessi, fatti di luci e di ombre. Ce ne parla Lorenzo Ceccotti: artista, disegnatore, fumettista e animatore, che ha riflettuto a lungo sulle conseguenze che stanno già coinvolgendo tutt3 l3 artist3 del mondo.
Lorenzo, ci racconti un po’ chi sei e perché questo tema è a te caro?
Sono un disegnatore che crede nella tecnica come poetica e nella forma come contenuto. Da sempre sono avido di provare tutti gli strumenti artistici esistenti che possano amplificare le mie possibilità espressive. Opero nell’ambito dell’arte generativa con l’intervento considerevole di algoritmi informati con dataset da almeno venti anni. Nel caso di questo nuovo filone delle intelligenze artificiali AI TTI però, mi trovo per la prima volta nella spiacevole situazione di non potermi unire all’entusiasmo della comunità artistica per via di specifici problemi che invadono il terreno dell’etica, del rispetto dei diritti umani e che intervengono attivamente contro l’arte stessa e l3 artist3.
È stato aperto un “AI Act” dalla comunità europea che è completamente “Se la prima, la seconda, la terza e la quarta rivoluzione industriale si sono occupate di automatizzare processi fisici intervenendo con la meccanica, l’elettronica, la chimica o addirittura smaterializzandoli con l’informazione digitale, la rivoluzione che ci apprestiamo ad affrontare vuole automatizzare direttamente i processi dell’ingegno umano attraverso l’intelligenza artificiale.” LRNZ manchevole di qualsivoglia considerazione nei confronti dell3 artist3 e del loro lavoro. Per questo ho contribuito a fondare EGAIR, la European Guild for AI Regulation, una rete di creativ3 di ogni tipo da tutta Europa che propone un Manifesto in cui abbiamo elencato delle modalità che credo possano migliorare i termini di utilizzo di questa tecnologia e consentire all3 artist3 di trarre enorme gioia creativa da questi nuovi strumenti. In breve, posso dire che tutti i dati relativi a persone o opere, in ogni forma essi siano, siano essi dati già digitalizzati come file di testo, audio, video, immagine o catturati dalla realtà attraverso videocamere, microfoni o qualsiasi mezzo di registrazione, non devono poter essere utilizzati per il training di modelli di AI senza l’esplicito consenso informato dell3 legittim3 proprietari3. L’utilizzo di nomi di persone, nomi d’arte o opere che non siano coperte da una licenza di sfruttamento per il training di AI deve essere proibito dai software che consentono di inserire un prompt testuale o vocale per richiedere la generazione di un’immagine, video, testo o suono.
In che modo l’AI impatterà il mercato dell’arte? Quali sono i pro e i contro?
Le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale si propongono sul mercato dell’arte e della creatività con la promessa di essere in grado di sostituire il lavoro di artist3 visuali, lo fanno producendo immagini apparentemente comparabili alle opere degli esseri umani in termini di qualità e lo fanno a costi non comparabili (parliamo di una ratio 1 a 10000) e in tempi non gestibili per un essere vivente, ovvero istantanei.
Il fatto che questa qualità stupefacente delle immagini venga ottenuta dall3 utenti con l’introduzione di un semplice brief testuale è senza dubbio la loro unique selling proposition e le pone in diretta competizione commerciale con artist3 uman3. I prezzi dei loro servizi sono esponenzialmente inferiori, quando non addirittura gratuiti. Peccato che la promessa sia completamente falsa, visto che senza il lavoro umano a monte da cui partono per creare il loro “latent space” non sono in grado di offrire nulla.
L’impatto della tecnologia può essere sicuramente interessante se usata correttamente. Piuttosto, quello su cui bisognerebbe interrogarsi oggi è l’impatto del business model delle aziende leader nella fornitura di media AI generated che rischiano davvero di distruggere il mercato del lavoro creativo e di privarci di diritti inalienabili come quello d’autore e d’autrice e alla privacy con pratiche che definire scorrette è un eufemismo.
A questo punto c’è una domanda che sorge spontanea: l’Ai da dove prende le immagini? Come fa ad avere una qualità così alta?
Ci sono molti fattori che entrano in gioco. Uno è senza dubbio la capacità di leggere un linguaggio basato su un testo e usarlo per generare immagini. Poi quello di generare, a partire da questo testo, una forma e di farlo utilizzando una tecnologia software interessantissima basata sul diffusion model.
Infine, la forma del prodotto di ogni AI è legata indissolubilmente ad un processo di allenamento su enormi quantità di dati. Più è alta la qualità dei dati di partenza rispetto al campo di applicazione, più è alta la qualità del risultato e la competitività dell’azienda che lo offre.
Se avessi una AI che genera immagini allenata sul dataset di un singolo stile visivo, quella AI non sarebbe in grado di fare altro che disegni in quello stile. Questo fatto, scientificamente dimostrabile, esemplifica il fatto che è solo grazie al lavoro di tant3 artist3 e ai dati di tutt3 noi che costituiscono i dataset che le AI sono in grado di produrre risultati formali di quella incredibile qualità e varietà.
Ricordiamoci, però, che i dati presenti su internet, per quanto pubblici, non sono necessariamente di pubblico dominio, anzi. Spessissimo i dati con cui ci confrontiamo tutti i giorni sono coperti da diritto d’autore/autrice o alla privacy, su vari livelli. Un dato presente sulla rete non è quindi di per sé da confondere con un dato disponibile per lo sfruttamento commerciale. Un esempio: se Disney pubblica una nuova immagine di Star Wars su internet non vuol dire che chiunque può prendere quell’immagine e riprodurla meccanicamente su poster, magliette e guadagnarci dei soldi. L’immagine è pubblica, ma coperta da diritti d’autore/autrice e di sfruttamento commerciale molto precisi.
Come fanno quindi queste aziende a procurarsi le immagini necessarie a offrire i loro servizi senza incappare in infrazioni di questi diritti inalienabili? Di solito nascondono i loro dataset, negano di aver preso i dati, oppure si difendono facendo appello ad alcune eccezioni del copyright. Stability AI per la sua AI TTI “Stable DIffusion” usa un dataset fornito dalla società non profit LAION. Questo dataset è un ammasso di 5 miliardi di immagini di qualsiasi tipo: foto, disegni, documenti che includono dati assolutamente privati così come protetti dal diritto d’autore/autrice. Tutti questi dati sono raccolti dalla rete “a strascico” con la scusa degli scopi statistici, del “fair use” accademico, un’eccezione alla legge del copyright che dovrebbe sollevarli da qualsiasi forma di responsabilità.
LAION, però, pur essendo non profit è comunque finanziata da Stability AI stessa: una società commerciale da un miliardo di dollari che usa quei dati per generare un prodotto che vende al pubblico nella forma di diversi servizi online.
In tutti i casi si tratta di dati anche sotto copyright, raccolti e usati senza consenso e che sono completamente fuori dai requisiti minimi imposti dal rispetto dei diritti umani che regolano la nostra comunità. Come cittadin3 europe3, ci troviamo nella inedita e riprovevole condizione di non poterci rifiutare di contribuire alle attività di queste aziende private di capitali che lucrano e perfezionano i loro servizi con le nostre opere di intelletto e con i nostri dati privati. Per questo, credo che ci siano una serie di punti che vadano inseriti in un documento sulla regolamentazione dell’Intelligenza artificiale alla comunità europea a integrazione dell’European Ai Act.