Privilegi e alleanze

Antonella Granaldi: dalle multinazionali al quotidiano

Intervista ad Antonella Granaldi: Diversity, Equity e Inclusion di KPMG
A cura di /della Redazione
18 Dic 2024

Ci parli un po’ di te? Della tua formazione e del tuo percorso lavorativo?

Io nasco nel mondo della formazione, dello sviluppo e della consulenza. Sono psicologa del lavoro e ho sempre voluto approcciarmi al mondo delle risorse umane; questo è stato un po’ il punto fisso nel mio percorso professionale, perché io ho sempre considerato il lavoro come uno strumento di emancipazione personale e di costruzione dell’identità delle persone. Mi occupo di Diversity, Equity e Inclusion dal 2018, quando ancora non si parlava di DE&I, però in un ambito dal respiro internazionale come quello delle Big Four, mi sono approcciata a dei vettori di innovazione anche per il mercato locale. Il ruolo di questo tipo di aziende è anche quello di aiutare poi le altre organizzazioni del tessuto economico italiano a crescere e svilupparsi, questo accade anche nel mondo delle risorse umane.

Quando sei arrivata in azienda sei stata soddisfatta del ruolo che avevi assunto? Le tue aspettative riguardo questo mondo e questa parte delle multinazionali sono state soddisfatte?

Assolutamente sì, perché ho avuto la possibilità di ragionare su delle strategie a trecentosessanta gradi per facilitare e favorire il benessere delle persone, l’inclusione all’interno dell’organizzazione. Sentirsi inclus3 significa sentirsi liber3 di esprimere il proprio talento, di portare la propria identità al lavoro senza paura di essere discriminat3 o giudicat3. Avere la possibilità di lavorare su queste tematiche all’interno delle organizzazioni, per me, è veramente un dono incredibile, sia come persona che come professionista. In questo mi reputo molto fortunata. A prescindere dai venti che soffiano all’esterno, resta all’interno delle organizzazioni un focus sulle persone. promuovendo i valori del rispetto e della sicurezza psicologica, rimanendo aperti al mondo esterno Ma senza distogliere lo sguardo dall’obiettivo. 

Dal 2018, quando ancora non si parlava di DE&I, quali sono i cambiamenti principali che hai visto nell’ambito?

Ho notato che il tema dell’inclusione, da essere una prerogativa di poch3, è diventato un elemento di rilievo molto più diffuso, non solo nelle multinazionali; questo è sicuramente il primo elemento di grande valore che ho notato. Tutt3 si sono interrogati3 rispetto alla possibilità di poter introdurre all’interno delle proprie organizzazioni dei processi, delle procedure, delle iniziative che valorizzassero le identità dei singoli e delle singole. Ho notato che prima si ragionava molto per scompartimenti stagni, cioè per categorie univoche: donne, disabilità, comunità LGBTQI+. E certo, capisco che questo sia il primo modo per approcciarsi alla tematica, ultimamente, però, si parla molto di più di sicurezza psicologica applicata a tutte le categorie. La sicurezza psicologica significa integrazione con il mondo del benessere: se io mi sento inclusa, se io sento di poter portare tutta me stessa al lavoro, le mie energie emotive e cognitive saranno rivolte alla creatività, all’innovazione, e non alla gestione della paura, delle emozioni negative aumentando il rischio psicosociale di stress e burnout. Qui entra in gioco l’inclusione, che gioca un grande ruolo nella sicurezza psicologica. KPMG è un’organizzazione che si è sempre interrogata sul valore di queste tipologie di iniziative all’interno dell’organizzazione, perché essendo organizzazioni a carattere human intensive, i temi legati alla gestione al benessere e in particolare all’inclusione sono dei temi fondamentali. Io mi occupo , insieme al comitato di partner di DE&I di KPMG, di introdurre tutta una serie di politiche, procedure e iniziative volte alla creazione di una cultura inclusiva basata sul rispetto, sulla sicurezza psicologica e sulla fiducia reciproca. KPMG ha acquisito la certificazione PDR 125 e l’ISO 30415, le certificazioni sono preziose perché aiutano a monitorarti da questo punto di vista, a mantenere sempre alta l’attenzione.

Se devi guardare nel futuro tra altri cinque anni, quali saranno, secondo te, le cose date per assodate e su quali si dovrà ancora lavorare?

La mia speranza è che di questi temi non si smetta mai di parlarne. I bias e gli stereotipi sono insiti nel modo di funzionare delle persone, non sono di per sé negativi. I bias sono degli alleati all’efficacia, al modo di lavorare, però mantenere sempre l’attenzione a come ragioniamo è fondamentale per evitare che questo bias si trasformi in uno stereotipo. Mi auguro che le persone in ruoli di leadership rimangano concentrate su queste tematiche, senza mai darle per scontate, trattandole come vantaggi per l’intera comunità. In KPMG, ogni volta che si lancia un’iniziativa interna, ci si interroga su come possa essere di valore anche per la comunità di appartenenza de3 singol3. Essere un esempio per la comunità, farsi portavoce di quelle che sono le istanze legate al rispetto e al benessere delle persone al lavoro. Non solo sul lavoro ma in ogni ambito sociale. Nella speranza che, se i/le dipendenti al lavoro fanno esperienza di questa inclusione, poi la riportino anche nella loro quotidianità.

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