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ALLA RICERCA DELLA NOSTRA IDENTITÀ SONORA

A cura di Elio Biffi
22 Mar 2023

Da una ventina d’anni circola nell’universo della musicoterapia e della psicologia musicale un concetto assai interessante, ai più sconosciuto, che però una volta identificato permette di concettualizzare in maniera molto più profonda il rapporto di ciascun essere umano con il mondo della musica e addirittura più in generale a quello del suono in sè. Il suo teorizzatore è uno dei maestri della musicoterapia internazionale, Rolando Benenzon. Benenzon, argentino di Buenos Aires, ha prodotto uno dei metodi più seguiti nel mondo all’interno della Word Federation of Music Therapy, di cui è stato fondatore negli anni ‘80 e presidente per lungo tempo.

Il grande contributo di Benenzon nasce da un tentativo di allineare il percorso della musicoterapia all’esperienza del singolo, e il suo postulato più profondo è quello che cercherò di raccontarvi in questo breve articolo. Mi sto riferendo all’Identità Sonora, che tecnicamente spesso si riporta come ISO. Essa è l’insieme di tutti gli eventi sonori attraversati e quindi interiorizzati da un essere umano.

E si badi bene, in questa breve definizione in realtà comprendiamo una quantità ipotetica di dati enorme, per ciascuno di noi. Un numero enorme di esperienze personali che andiamo accumulando per tutta la durata del nostro cammino nel mondo, consciamente e inconsciamente. Il trillare del campanello di casa, così come la canzone che suonava nell’aria nel momento del nostro primo bacio. La voce tonante del nostro professore al liceo, il dialetto sommesso dei rimproveri che nonna ripeteva borbottando a nonno, il fraseggio scuro e vibrante di un assolo di Jimi Hendrix, il tu-tum di Netflix, un acuto di Albano, il violino di Schindler’s List… Ogni voce è fatto sonoro, ogni rumore è un evento che il nostro io percepisce, e inserisce nel suo amplissimo e complesso database.

Ciascun evento sonoro che abbiamo incontrato e da cui siamo stati attraversati lascia un segno, a volte inconscio, all’interno della nostra memoria percettiva. L’identità sonora di un individuo in effetti inizia a consolidarsi ben prima della coscienza di sè. Come è noto, persino nel grembo della madre iniziamo a raccogliere i primi stimoli uditivi, e l’udito è tra i primi sensi a svilupparsi nella fase neonatale. Questo ci porta a riflettere su quanto sia personale e unica ognuna delle nostre Identità Sonore. E quanto il nostro gusto estetico sia ad esse interconnesso. La musica e i suoni che ascoltiamo, e soprattutto che scegliamo di ascoltare, restano impressi nel nostro apparato cognitivo, ma credo sia interessantissimo anche riflettere su come la nostra Identità Sonora ci influenzi e ci guidi nello scegliere quali esperienze sonore decidiamo di attraversare e incontrare. Senza scomodare l’antico adagio per cui “ogni essere umano ama ciò che già conosce”, vi invito a riflettere sul personale gesto identitario che ciascuno di noi ogni giorno compie, cambiando stazione radio o selezionando una playlist di Spotify. Spessissimo andiamo alla ricerca di ciò che già amiamo, e rimaniamo ancorati solidamente, appunto, alla nostra identità.

E credo anche che l’ISO sia da tenere a mente, nell’era degli algoritmi e del digitale: esisterà un futuro in cui mapperemo l’identità sonora grazie alle tracce che l’esperienza di ognuno lascerà nel mondo virtuale?

E nell’era del branding, quali realtà sapranno costruire un’identità efficace e personale, grazie a un lavoro anche sonoro sul proprio prodotto e sulla sua comunicabilità al mondo?

LoFiGirl, avatar del canale di streaming audio e dell’etichetta discografica
omonimi - grafica di Juan Pablo Machado
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