AFGHANISTAN: DONNE, LIBERTÀ, PAURA
Vorrei iniziare questo racconto partendo da una spensierata giornata sul Monte Bianco: io e la mia famiglia entriamo nella libreria situata all’in- terno della stazione, a 3500 metri di altitudine e scegliamo un libro a testa.
La mia attenzione cade istintivamente sul volto di una bellissima ragazza, dagli occhi neri e profondi, autrice del libro “Io sono Malala – La mia battaglia per la libertà e l’istruzione delle donne”: per chi non conoscesse la sua storia, Malala è una ragazza pachistana colpevole, secondo il regime talebano, di aver gridato al mondo il suo diritto allo studio e all’istruzione. Per questo motivo deve morire: Malala subisce un attentato a soli 15 anni, ma non muore; anzi, diventa il simbolo uni- versale delle donne che combattono per il diritto alla cultura e al sapere e, nel 2014, diventa la più giovane vincitrice di sempre del Premio Nobel per la Pace.
“Sedermi a scuola e leggere libri è un mio diritto. Il mio obiettivo è far sentire la mia voce in nome e per conto di milioni di bambine e ragazze di tutto il mondo alle quali è negato il diritto di andare a scuola e realizzare il loro potenziale”.
Da sempre, il mio interesse per la condizione della donna nella cultura islamica mi ha portata a documentarmi e approfondire, per comprendere le radici e le motivazioni ance- strali per cui la donna viene destinata a un ruolo prettamente domestico, di segregazione familiare, in cui vengono negati diritti che nel mondo occidentale sono ormai scontati.
Quando, durante l’estate, con il progressivo (ma nemmeno troppo) abbandono dell’Afghanistan da parte dell’esercito statunitense e degli altri eserciti presenti sul territorio, il regi- me talebano ha iniziato una rapida azione di riconquista del territorio, tutt* abbiamo seguito con apprensione e preoccupazione l’evolversi della situazione: nonostante le rassicurazioni del regime che si stava insediando, capivamo che il paese avrebbe subito un immediato e brusco ritorno al passato, cancellando i progressi ottenuti negli ultimi 20 anni.
La situazione umanitaria del paese è terrificante: le condizioni economiche e igienico-sanitarie sono disastrose, si registrano 4 milioni di sfollati e si prevede un esodo di massa, soprattutto dopo l’inverno, di dimensioni epiche.
In questo drammatico contesto, le donne e i bambini sono le persone che pagano le conseguenze più alte: le donne non possono più lavorare e vengono sostituite da colleghi uomini, le classi tornano ad essere separate, le università sono state chiuse così come il Ministero degli Affari Femminili (l’equivalente del Ministero delle Pari Opportunità).
Il 18 settembre sono state riaperte le scuole solo per gli studenti (maschi) sopra i 12 anni con l’inevitabile conseguenza che, fra qualche anno, non ci saranno più donne universitarie. È da questo drammatico contesto che nasce l’idea di dedica- re un evento alle donne afghane, in occasione di 4Weeks4Inclusion, iniziativa organizzata dal Gruppo TIM per celebrare i temi dell’inclusione.
Photo Marius Arnesen (C) 2009 www.happygolucky.no