Lorenzo Pisoni

Il mondo industriale consuma risorse ad un ritmo di gran lunga maggiore rispetto a quanto queste si possano rinnovare. Ad esempio i trasporti: riusciamo ad immaginare un mondo senza macchine a benzina? Se mai arriverà, sarà dopo decenni d’investimenti in infrastrutture alternative – ad oggi solo timidamente iniziati –. Eppure, spazio per innescare pratiche virtuose c’è e si trova là dove meno te l’aspetti. Ed è così che è nata questa start up. Lorenzo e Stefano, 27 anni, compagni di liceo a Savona, si ritrovano a Genova nel 2017 dopo anni. Lorenzo è appena tornato da una laurea all’estero e sta lavorando ad un’idea che lo stuzzica a tempo perso, oltre il lavoro. Stefano, invece, ha subito la visione di come questo gioco possa diventare un lavoro, un prodotto, un sistema, e così iniziano “a fare sul serio”. Il giorno in cui ci venne l’idea di realizzare una mappa interattiva di pub e locali, destinata a chiunque volesse trascorrere una serata di svago e visualizzare in tempo reale persone, amici, eventi in programma, commenti, foto, luoghi, promozioni, sconti... non immaginavamo lontanamente di poter – anche - eliminare di tonnellate di plastica dal consumo globale. E invece.

PCUP, Public Cup, oggi realizza bicchieri in silicone indistruttibili e praticamente “eterni”, dotati di un chip che, letto da apposite antenne al momento della consumazione, raccoglie dati sul consumatore. Basa la propria economia su un comportamento ecologico: il vuoto a rendere. Ogni bicchiere utilizzato è il nodo di una rete, e quanto più lunga è la sua storia, tanto più accurati saranno i servizi che PCUP potrà offrire sia al consumatore (“navigatore della movida”) sia all’esercente. Vuoto a rendere, per noi, vuol dire massimizzare la quantità di informazioni che possiamo raccogliere da ciascun nodo. Un bicchiere è testimone involontario ma imprescindibile di ogni situazione rilevante nella compravendita tra esercente e cliente, tra locale e ospite, e questo può essere considerato il brute fact di partenza. La visione di PCUP è servire tante più persone con quanti meno bicchieri possibili. E con questa scommessa tra le mani la nostra start up ha posizionato PCUP in modo totalmente inedito sul mercato: un bicchiere duraturo, bello, comodo da portare, con ritiro, riconsegna e pagamento automatici e immediati attraverso un chip.

Il bicchiere ha assunto per noi valenza sociale e commerciale, poiché l’elaborazione del dato offre un potente canale promozionale a esercenti, artisti e DJ, in diretto contatto con una clientela altrimenti irraggiungibile e, insieme, al singolo che può sapere attorno a quale offerta culturale si raggruppano più persone in quel momento preciso. Ma poiché, come detto, la valenza voleva essere anche sociale, ci fu subito evidente che il sistema avrebbe funzionato meglio quanto più ingaggio avessimo stimolato negli utilizzatori. Per l’utente PCUP vuol dire possesso e accesso temporaneo ad una storia unica, costituita dagli utilizzi precedenti del bicchiere, su cui dilettarsi in un data mining sociale e attraverso cui decostruire l’attuale idea di bicchiere “packaging senza valore né identità” e ricostruirlo in oggetto vivo, memoria fisica di una comunità.

All’esercente PCUP offre: un bicchiere che da “spesa” si trasforma in potenziale guadagno, controllo sui flussi di cassa delle cauzioni di cui imposta la durata dal profilo in app, e la possibilità di investire su bicchieri più belli e personalizzati. Inoltre un sistema gestionale in app con funzionalità studiate per premiare attività artistiche e culturali, fidelizzare i clienti, tarare l’offerta sui gusti del momento. Arrivare alla stessa quantità e qualità di informazioni incrociando database esistenti è immensamente più costoso e giuridicamente complesso, quasi impossibile.

PCUP è idea e insieme sfida di una sharing economy radicale, che interessa uno degli oggetti tradizionalmente più “futili” della quotidianità: cos’è più insignificante di un contenitore? Altre aziende di bicchieri in vuoto a rendere puntano su bicchieri economici, fragili, distribuiti a fronte di cauzioni molto basse. Rendono difficile riconsegnarli, perché marginalizzando sulla vendita del bicchiere, puntano ad avere un alto tasso di dispersione, cadendo nel paradosso per cui in un mondo di utenti virtuosi, la loro economia fallirebbe! Se l’esperimento funziona, vorrà dire che i tempi sono maturi – forse – per una capillare disintossicazione dal consumismo, come individui e come sistema economico, e per uscire dall’obsolescenza programmata come modello di crescita economica – quello stesso modello che ci annega di plastica e soffoca di C02.

La sfida di PCUP non è commerciale, nè finanziaria, nè tecnologica, ma sociale: possiamo tenere un bicchiere vuoto in mano per venti minuti senza brontolare? Forse sì. Non c’è dispositivo motivazionale più potente della rappresentazione puntuale del risparmio di plastica che l’utente genera ad ogni singolo utilizzo di PCUP, e questo è ciò che il nostro sistema è in grado di monitorare al grammo e comunicare all’utente in tempo reale, in app. Che senso ha mantenere un comportamento virtuoso se non lo sa nessuno, nemmeno tu? E che ce ne facciamo della febbre di apparire sui social, se non la esprimiamo in canali utili socialmente? Lavorare a PCUP ci ha fatto capire che la sensibilità ambientale è profondamente radicata e trasversale, e che per capitalizzarla in un sistema ad impatto zero possiamo sfruttare l’architettura orizzontale del nostro tempo per incanalare l’energia più preziosa e più rinnovabile: la buona volontà. Infine. I ricavi di PCUP cresceranno con l’allungarsi della vita dei bicchieri stessi, per cui il bicchiere/chip da prodotto diventerà infrastruttura di servizi, spostando il ricavo – marginale – dalla vendita del bicchiere alla vendita delle informazioni che raccoglie e porta con sé: la sostenibilità ambientale di PCUP non è Csr, non è atto simbolico, non è elemosina ma un modello di business in cui i bits sul server rendono molto di più della plastica, e inquinano molto, molto meno.

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