Che dire di Fabio? Di una persona che fa parte della mia vita dal 1990 e che, per me, è stato capo, collega, mentore, amico, maestro? Voglio raccontarvi un lato meno noto: la sua capacità di prevedere i tempi e fiutare dove sta germogliando qualcosa di buono. Metà degli anni ‘90: colleghi alle Relazioni Esterne della nascente Telecom Italia. Fabio si era inventato il “Progetto Giovani”, per valorizzare artisti di talento che si cimentavano con le nuove tecnologie. Un momento memorabile: ci siamo trovati a vedere la nascita di Minimum FAX, a frequentare “Il locale” romano dove suonavano Alex Britti, Sergio Cammariere, Niccolò Fabi, a dialogare di arte e tecnologia con Costantino D’orazio e Ludovico Pratesi, a vedere nascere i mosaici Polaroid di Maurizio Galimberti, ad organizzare (era il 1996) la rassegna “Cyber Days” al Palaeur, con molti dei protagonisti della bolla di internet. È stato un privilegio!

Andrea Rubera,
Diversity & Inclusion Manager, TIM

Fabio Galluccio è stato una figura di riferimento per chi si è occupato di D&I in Italia negli ultimi anni, amico del Master GEDM fin dalle prime edizioni, ci ha aperto le porte della Tim Factory per una delle giornate conclusive più belle che abbiamo realizzato. Artigiano e visionario, sapeva coniugare passione e professionalità per approcciare temi in cui le parole sono importanti, ma ancora più importante è la capacità di trasmettere uno spirito autentico d’inclusione.
Ci mancherà.

Barbara De Micheli,
Head of social justice unit, Fondazione Giacomo Brodolini

Fabio era decisamente “diverso” e non solo perché libero, appassionato e colto, ma soprattutto perché realizzava quello di cui parlava. Non un visionario, ma un innovatore che sapeva usare le maglie dell’organizzazione per apprezzare, conoscere e valorizzare la diversità. Lui parlava di diversità e riusciva a creare un contesto, in azienda e attorno a sé, in cui nessuno si sentiva mai giudicato e, quindi, era libero di esprimere se stesso, portando valore ad un progetto condiviso. Andava all’essenza, Fabio, e ha lasciato a tutti una grande eredità da non disperdere.

Carla Serafini,
Welfare Manager, Leonardo

Dai piccoli semi nascono spesso delle piante rigogliose e ricche di frutti. L’importante è non farsi ingannare dalla loro bellezza e non essere vanagloriosi, ma sempre con i piedi ancorati a terra. Queste parole diceva Fabio nel suo libro che mi ha regalato cinque anni fa. Così lo ricorderò sempre, il nostro amico Fabio. Come un uomo che seminava laddove vedeva un terreno dal quale sarebbero nate piante rigogliose e piene di frutti. Mentre noi altri pensavamo che mai nulla lì sarebbe fiorito. Un uomo che non si faceva ingannare dalla bellezza delle piante che faceva nascere, pensando sempre che potevano fiorire ancora di più, nei modi e con bellezze inattese. Che aveva sempre i piedi sì ancorati a terra, ma dieci, cento passi davanti a noi tutti. Il libro era Non c’è più posto all’altro mondo. L’immensa ironia e saggezza di Fabio che ha fatto rivoluzionare alla zia Artemisia l’ordine mondiale. La zia Artemisia era per lui il simbolo imperituro di questo cambiamento. Così come Fabio è stato e sarà sempre per noi il simbolo imperituro del cambiamento che con il suo dono di guardare nel futuro abbiamo potuto realizzare nel nostro mondo.
Dove Fabio ora ci manca, immensamente.

Igor Šuran,
Direttore Esecutivo, Parks – Liberi e Uguali

Non riesco a credere di non poter più parlare con Fabio.
Un uomo ricco di cultura sensibile, sempre attenta agli altri e in particolare a chi ha meno voce. Una persona generosissima, e gentile. Lascia in me un grande vuoto. Vorrei salutarlo con le parole di Mariangela Gualtieri.
Subito si cuce questo niente da dire / ad una voce che batte.
Vuole palpitare ancora, forte, forte forte / dire sono – sono
qui – e sentire che c’è fra stella e ramo e piuma e pelo e mano
/ un unico danzare approfondito, e dialogo / di particelle mai assopite, mai morte mai finite. Siamo questo traslare cambiare posto e nome. Siamo un essere qui, perenne navigare / di sostanze da nome a nome. Siamo.
Quando non morivo, Einaudi, Torino, 2019

Iliana Totaro,
Head of People Development, Enel Group

Ho conosciuto Fabio nel momento in cui abbiamo deciso, in ambito aziendale, di avviare le politiche di welfare per i dipendenti. Mi ha colpito sin da subito il suo intelletto vivace e profondo, la sua cultura, la sua sensibilità, i suoi punti di vista decisamente originali, rispetto ai temi di cura e sviluppo delle persone nelle Organizzazioni. L’ironia con cui riusciva a dipingere, con leggerezza, molti dei risvolti contradditori delle logiche d’impresa. Ho apprezzato moltissimo il suo spiccato senso di “comunità” e “comunione”: sapeva condividere conoscenze, esperienze e stimoli su molti temi di interesse e professionale e culturale, perché andassero a beneficio di tutti e rappresentassero uno stimolo ad evolvere. Auspico che il suo lavoro continui a rappresentare, per tutti noi, uno stimolo nell’impegno di costruzione di ambienti di lavoro inclusivi e di valorizzazione dell’originalità di ogni individuo. Dal canto mio, in riflessioni professionali e personali, continuerò a consultare i suoi pareri e contribuiti grazie – anche – al lavoro che, tutte le persone che hanno lavorato con lui, stanno facendo al fine di farli rimanere patrimonio comune.

Laura Cremonini,
Human Resources & GA Director, Mazda Motor Italia

È stato un privilegio ed un onore aver potuto condividere idee e (continue) ambizioni con Fabio per oltre tre anni, in un rapporto che era sì lavorativo, ma che con lui affondava le radici nella vera amicizia, nel dialogo e nel rispetto reciproco. Ecco, non capita a tutti di avere un leader e non semplicemente un ‘capo’ al proprio fianco nella prima ed importante esperienza lavorativa e, per questo, gli dico grazie. Fabio era la quintessenza della relazionalità, etere puro, abilitante ai più alti livelli di valorizzazione di chiunque avesse avuto la fortuna di incrociarlo. Un alchimista capace di spaziare lungo tutta la linea dell’orizzonte, di considerare e di mescolare fra loro le singolarità di ognuno per ottenerne nuovi oceani di idee.
Ci sarebbe davvero tanto da dire, ma se penso a Fabio ho la sensazione di stare tuttora lì, su quei mari, a cercare nuovi orizzonti, orfano della luce del faro, ma tuttavia sospinto, ancora, in avanti, dal più dolce, costante e coerente degli alisei; ad indicare un sentiero, una rotta universale e sicura… in eterno.

Marco Campailla,
Welfare Specialist

Caro Fabio, di te ricordo l’essere un po’ sbadato con i tuoi oggetti personali: ogni volta che uscivi da qualche riunione, dimenticavi il cellulare o gli occhiali, ma mai i tuoi appunti, presi qua e là, che servivano – come pezzi di un puzzle – a far nascere nuovi progetti e nuove idee da realizzare! Mi resta anche il tuo essere riservato, ironico e sorridente, il trovarti a tuo agio nei momenti più conviviali come una cena o un pranzo fugace. Ti considererò, sempre, come una delle persone che ha contribuito al mio essere professionista. Da te ho appreso la passione verso i temi della diversity, l’attenzione verso le minoranze e il coglierne i bisogni per diventarne portavoce e per costruire, davvero, un mondo inclusivo. Grazie maestro.

Titti De Bonis,
Diversity & Inclusion Lead, Gruppo AXA Italia

A Fabio, cui devo moltissimo e che lascia un buco, uno reale spazio vuoto – in questa rivista come nelle nostre quotidianità -. A Fabio che non ha mai detto un solo “no”, a nessuno; a Fabio che scoppiava a ridere all’improvviso mentre parlava; a Fabio che costruiva ponti e non muri o, perlomeno, ci ha sempre provato. A Fabio che ci metteva anima e cuore e competenza, e condivideva idee, costruiva reti. A Fabio la cui voce triste e delusa al telefono non vorrei fosse l’ultimo ricordo che mi resta di lui, e invece è andata così. A Fabio che se n’è andato all’improvviso mentre tutt* eravamo concentrati su altro. A Fabio che “ho letto di Bergamo e ti ho pensata”. A Fabio, di cuore, GRAZIE.

Valentina Dolciotti,
Editorial Director, DiverCity magazine

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