Mauro Danesi

Il romanzo “Orlando” di Virginia Woolf (1928) è “la più lunga e affascinante lettera d’amore della letteratura”. Scritto da Woolf e dedicato all’amica e amante Vita Sackville-West, Orlando è un libro filosofico e rivoluzionario dove la pluralità umana è descritta con leggerezza, gli stereotipi di genere e le abitudini sono smascherate con eleganza.

Come nasce il progetto Orlando

Nell’autunno 2013 scegliemmo di dare nome Orlando al progetto che stavamo costruendo: Martina Fiorellino (Lab 80 film, cooperativa di cultura cinematografica storica, con sede a Bergamo) ed io, lavoravamo a una rassegna tematica di cinema, teatro, incontri che desse spazio alle rappresentazioni di identità di genere e orientamenti sessuali. Avevamo un forte desiderio e molti dubbi: desiderio di dare visibilità, attraverso prodotti artistici, all’orizzonte – ampio – di possibilità di relazioni e di identità umane e sociali, ma anche molti dubbi rispetto alla risposta che avremmo avuto dalla città. Quella prima edizione, nata in punta di piedi, ci regalò un’inaspettata consapevolezza: il desiderio era condiviso da molte più persone di quante potessimo immaginare. Come nel romanzo di Virginia Woolf, il “nostro” Orlando cominciò una corsa attraverso tempo e metamorfosi continue: edizione dopo edizione il progetto ha affrontato temi complessi e spesso scomodi, con ironia e intensità; ha aumentato numero e tipologia di prodotti culturali, ha esteso la rete di collaborazioni a livello locale, nazionale, internazionale.

Partito come una rassegna di tre giorni, oggi è un ampio progetto che ha fulcro in un Festival di una settimana che raccoglie e accoglie proiezioni cinematografiche, spettacoli di teatro e danza, laboratori, mostre, incontri disseminati in diversi luoghi della città. La settimana di Festival è preceduta da attività formative durante tutto l’anno, indirizzate ad ogni fascia d’età (dall’infanzia fino all’età adulta), che si tengono in scuole, biblioteche, ludoteche, centri culturali, università. L’organizzazione stessa del progetto è divenuta “plurale”: accanto a Lab 80 oggi esiste un’associazione di promozione sociale, denominata “Immaginare Orlando”, vero e proprio laboratorio di costruzione condivisa, che rende la progettazione un lavoro di squadra, a più teste e corpi.

Non sono certo mancate le difficoltà. Affrontare la complessità dell’educazione alle differenze ci ha fatto incappare in porte chiuse e diffidenze, ma come Moravia risponde a Pasolini, nel film “Comizi d’amore”: “Penso che bisogna sempre cercare di capire, le cose che si capiscono non scandalizzano”.

Di grande supporto sono sempre stati i Festival partner, le realtà che in Italia storicamente supportano la “cultura queer”. Uno fra tutti Gender Bender, Festival Internazionale con sede a Bologna, che insegna e racconta come parlare di differenze di genere non sia importante esclusivamente per la comunità LGBT o per una minoranza, ma bensì rappresenti un punto di vista privilegiato per osservare la realtà e conquistare maggiore libertà per tutti i cittadini e le cittadine.

Orlando 2018 - l’anno del coraggio

Il 2018 è il quinto anno di Festival. Molto è cambiato, anche nella società che ci circonda e avvolge, e molto può ancora cambiare: movimenti populisti mettono in discussione libertà e diritti acquisiti, e lottare per una società giusta non è certo moda del passato, ma dovere di tutti e tutte.Anche per questo, abbiamo deciso di dedicare la prossima edizione al tema del coraggio. Non il coraggio appariscente o costruito, ma il coraggio poco visibile, tenace, costante e resiliente, caratterizzante l’agire della cultura: il coraggio di ri-conoscere tabù e resistenze; di essere portatori di nuovi immaginari e narrazioni; di rinunciare a etichette e affrontare desideri; di continuare a osare, affrontare temi complessi con delicatezza, ironia, attenzione. Contemporaneamente dedichiamo questa edizione del festival alla mancanza di coraggio, poiché anche nella fragilità sta la rivoluzione, e la forza non risiede nell’assenza di paure. Bensì nello sforzo di affrontarle. Come ha scritto Paul B. Preciado: “Io rivendico, oggi, la leggendaria mancanza di coraggio di Virginia Woolf e di Klaus Mann, di Audre Lorde e di Adrienne Rich, di Angela Davis e di Fred Moten, di Kathy Acker e di Annie Sprinkle, di June Jordan e di Pedro Lemebel, di Eve K. Sedgwick e di Gregg Bordowitz, di Guillaume Dustan e di Amelia Baggs, di Judith Butler e di Dean Spade”.

Continuiamo ad essere convinti e convinte che proporre modelli differenti rispetto allo standard non minacci chi in quei modelli si trova bene. Così come ampliare diritti e possibilità non limita diritti e possibilità preesistenti. Al di là delle diffidenze, sentiamo forte il bisogno di allargare le gabbie delle identità e degli orientamenti sessuali: ciò che culturalmente e socialmente significa essere donna e uomo, ciò che “si può o non si può fare”, chi amare e chi no. In queste stesse gabbie molti e molte di noi stanno stretti, e desiderano trovare una propria via. Un respiro più ampio.

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