Marco Buemi

Le Organizzazioni nazionali ed internazionali, che investono nelle politiche di diversità ed inclusione nel mondo del lavoro, negli ultimi anni hanno fatto passi in avanti sia in termini di risorse investite che di incisività nell’attuazione delle politiche elaborate. Ma cosa significa questo in termini pratici per i cittadini, ma soprattutto per lavoratori e Organizzazioni pubbliche o private, e perché ormai è diventato indispensabile adottare politiche del lavoro inclusive? Il Diversity Management si presenta come una azione complessa e trasversale volta alla realizzazione di ambienti di lavoro caratterizzati da maggiore confronto, scambio di esperienze, flessibilità, condivisione e cambiamento finalizzato all’empowerment di ogni singolo individuo che entra a contatto con il sistema. In tal senso, praticare azioni orientate al Diversity Management significa attivare processi organizzativi e comunicativi in grado di far emergere il potenziale cognitivo, creativo e relazionale insito nel concetto stesso di diversità. Per questi motivi puntare sul Diversity Management significa, per un’Organizzazione, promuovere strategie di reclutamento e gestione delle risorse umane che mirino alla valorizzazione delle diversità (di genere, di origine etnica e religiosa, di età, di abilità fisiche, di orientamento sessuale ed identità di genere).

L’ipotesi che sta alla base del Diversity Management è che una gestione della forza lavoro centrata sull’inclusione e sulla promozione delle diversità può offrire ad aziende e amministrazioni pubbliche una serie di vantaggi competitivi: incentivo al cambiamento, valorizzazione dei talenti, spinta a trovare soluzioni innovative, maggiore capacità di adattarsi all’eterogeneità di clienti e mercati, aumento del commitment dei dipendenti, valorizzazione dei background formativi e di esperienza, creazione di ambienti di lavoro più armoniosi. Alla luce di ciò, nell’ultimo decennio sono divenute sempre più numerose imprese ed amministrazioni pubbliche che hanno iniziato a considerare il Diversity Management come un asset strategico dei propri sistemi organizzativi e della loro politica di sviluppo. Oggi il percorso si è ulteriormente evoluto con una nuova piattaforma Inclusive Mindset, lanciata a settembre del 2017 a Milano, promossa da Fondazione Adecco per le Pari Opportunità, Fondazione Sodalitas ed Interaction Farm.

Inclusive Mindset opera per favorire la creazione di azioni positive e buone pratiche che rendano il mercato del lavoro più inclusivo, aperto alle competenze e ai talenti. La propagazione di questa mentalità inclusiva ha come obiettivo privilegiato l’ambito del lavoro ma non dimentica l’importanza di coinvolgere l’opinione pubblica, la scuola, i media, le aziende e i policy maker. Con questo progetto si vogliono creare strumenti e percorsi particolari per favorire il contatto tra le aziende e gli individui vittime di pregiudizi ed esclusione, nella convinzione che il loro adeguato inserimento nella realtà lavorativa rappresenti uno stimolo fondamentale per le Organizzazioni e le Aziende, in termini di nuove idee, competenze e strategie alternative nella programmazione delle loro attività.

La novità dell’approccio è rappresentata dall’utilizzo dei social network e degli attuali strumenti digitali. Per migliorare l’efficacia degli incontri il progetto, infatti, mette a disposizione dei beneficiari e dei soggetti coinvolti i seguenti strumenti: incontri domanda/offerta tra beneficiari e aziende (Inclusive Job Day); piattaforma digitale e social attiva 365 giorni all’anno per l’orientamento, la gestione delle candidature ai lavori dell’azienda e per mettere alla prova le proprie competenze e la conoscenza del mercato del lavoro (Engage Gamification); premi per le aziende virtuose (Inclusive MindsetAward); formazione, condivisione di esperienze e buone pratiche (Inclusive Mindset Academy). Dopo 10 mesi di attività Inclusive Mindset è riuscita a coinvolgere 140.000 persone nelle conversazioni social ma soprattutto è riuscita a coinvolgere negli eventi di Academy e Job Day 1.210 persone, alcune delle quali sono state già assunte direttamente dalle aziende durante le giornate di Job Day che si sono tenute a Milano e Roma nei mesi di febbraio e maggio. Una delle esperienze più innovative realizzata dall’Academy e apprezzata dai responsabili di recruiting delle aziende, è stata quella di proporre una Biblioteca Vivente. “Non si giudica un libro dalla copertina” è stata la metafora di scoperte sorprendenti per i libri viventi, persone disabili e di origine straniera, e per i lettori, responsabili del personale e diversity manager.

Per entrambi c’è stata una copertina che ha trasmesso e filtrato le informazioni in modo deformato. Questi esempi raccontano di passi in avanti verso un cambiamento ormai inevitabile e possono rappresentare, con i dovuti adattamenti che tengano conto delle specificità, una fonte d’ispirazione per le Organizzazioni che per essere sempre più competitive sul mercato devono inevitabilmente ripensare la propria gestione delle risorse umane, in termini di innovazione ed inclusione, implementando sempre di più la cultura delle differenze.

Stefano Smacchia

Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che nel 2018 le persone nel mondo che hanno una perdita di udito disabilitante sono 466 milioni, per questo motivo il team di EGG sta mettendo a punto un sistema che, attraverso il riconoscimento automatico dei suoni, invia una notifica su smartwatch e smartphone, descrivendo in tempo reale cosa accade per restituire alla persona sorda il pieno controllo della propria vita. EGG sta sviluppando un’esperienza aumentata rivolta a tutte le persone che soffrono di problemi di sordità che, quotidianamente, non si accorgono di importanti eventi che accadono intorno a loro. Sentire vuol dire acquisire informazioni per poter agire in tempo. Proprio per questo motivo, le persone sorde non possono soccorrere il figlio che sta piangendo, non possono fuggire quando suona un allarme antincendio e subiscono le conseguenze di numerosi eventi spiacevoli o pericolosi.

EGG nasce da una serie di elementi che si sono combinati insieme in modo inaspettato: una ballerina sorda che si è esibita in un programma televisivo, il desiderio personale di trovare la mia strada, aver incontrato un bisogno collettivo grandissimo. E così è partito il cammino che ha portato a fondare questa startup e che si propone di rivoluzionare la vita di milioni di persone.

Uno degli aspetti emotivamente più sorprendenti è stato, per me, conoscere la comunità dei sordi. Tra le nostre famiglie non ci sono persone con tali problemi e gettarci a capofitto nel progetto ci ha obbligato a rapportarci con un mondo totalmente nuovo. È stato chiaro fin da subito che sarebbe stato necessario conoscerne approfonditamente i bisogni per creare un servizio di forte impatto. E così, la stretta collaborazione con persone sorde, si è trasformata in amicizia. Nel percorso di EGG ci sono stati eventi che hanno contribuito più di altri alla crescita della start up. Primo fra tutti la vittoria del bando “Less is More” promosso da Piquadro e Coop Alleanza nel giugno 2017; la vittoria del bando “FabriQ 3” promosso da Impact Hub e Comune di Milano nell’ottobre 2017 ed infine l’investimento da parte di tre “angel investors” che ha permesso di accelerare nella prima fase di sviluppo. Ma il fattore più importante è stato, indubbiamente, costruire una squadra con competenze diverse e trasversali capace, tra molte difficoltà, di sviluppare una prima versione dell’app, pronta per essere testata con i clienti. Nei prossimi mesi abbiamo in programma un percorso presso TVLP, Silicon Valley Institute of Technology Entrepreneurship and Innovation, che si svolgerà in Silicon Valley in cui EGG avrà la possibilità di accedere ad un network di aziende ed investitori unico al mondo.

Al ritorno in Italia è prevista la partecipazione a Barcamper Garage, uno dei più importanti percorsi di accelerazione organizzati nel nostro Paese. Inizia una fase fondamentale per EGG. Da una parte il team sarà chiamato a un’interazione continua con i propri utenti al fine di creare un servizio davvero su misura ed efficace, dall’altra l’azienda dovrà chiudere un round di finanziamento che possa permettere un salto di qualità sostanziale. Infine. Guardando a ritroso possiamo certamente dire di esserci appassionati alla vita di persone che spesso vivono parzialmente isolate o dimenticate dalla società e di aver capito quanto sia importante includerle. Siamo sicuri che questo progetto abbia tutte le potenzialità per portare un enorme impatto sociale nella vita di tutti e tutte.

Lorenzo Pisoni

Il mondo industriale consuma risorse ad un ritmo di gran lunga maggiore rispetto a quanto queste si possano rinnovare. Ad esempio i trasporti: riusciamo ad immaginare un mondo senza macchine a benzina? Se mai arriverà, sarà dopo decenni d’investimenti in infrastrutture alternative – ad oggi solo timidamente iniziati –. Eppure, spazio per innescare pratiche virtuose c’è e si trova là dove meno te l’aspetti. Ed è così che è nata questa start up. Lorenzo e Stefano, 27 anni, compagni di liceo a Savona, si ritrovano a Genova nel 2017 dopo anni. Lorenzo è appena tornato da una laurea all’estero e sta lavorando ad un’idea che lo stuzzica a tempo perso, oltre il lavoro. Stefano, invece, ha subito la visione di come questo gioco possa diventare un lavoro, un prodotto, un sistema, e così iniziano “a fare sul serio”. Il giorno in cui ci venne l’idea di realizzare una mappa interattiva di pub e locali, destinata a chiunque volesse trascorrere una serata di svago e visualizzare in tempo reale persone, amici, eventi in programma, commenti, foto, luoghi, promozioni, sconti... non immaginavamo lontanamente di poter – anche - eliminare di tonnellate di plastica dal consumo globale. E invece.

PCUP, Public Cup, oggi realizza bicchieri in silicone indistruttibili e praticamente “eterni”, dotati di un chip che, letto da apposite antenne al momento della consumazione, raccoglie dati sul consumatore. Basa la propria economia su un comportamento ecologico: il vuoto a rendere. Ogni bicchiere utilizzato è il nodo di una rete, e quanto più lunga è la sua storia, tanto più accurati saranno i servizi che PCUP potrà offrire sia al consumatore (“navigatore della movida”) sia all’esercente. Vuoto a rendere, per noi, vuol dire massimizzare la quantità di informazioni che possiamo raccogliere da ciascun nodo. Un bicchiere è testimone involontario ma imprescindibile di ogni situazione rilevante nella compravendita tra esercente e cliente, tra locale e ospite, e questo può essere considerato il brute fact di partenza. La visione di PCUP è servire tante più persone con quanti meno bicchieri possibili. E con questa scommessa tra le mani la nostra start up ha posizionato PCUP in modo totalmente inedito sul mercato: un bicchiere duraturo, bello, comodo da portare, con ritiro, riconsegna e pagamento automatici e immediati attraverso un chip.

Il bicchiere ha assunto per noi valenza sociale e commerciale, poiché l’elaborazione del dato offre un potente canale promozionale a esercenti, artisti e DJ, in diretto contatto con una clientela altrimenti irraggiungibile e, insieme, al singolo che può sapere attorno a quale offerta culturale si raggruppano più persone in quel momento preciso. Ma poiché, come detto, la valenza voleva essere anche sociale, ci fu subito evidente che il sistema avrebbe funzionato meglio quanto più ingaggio avessimo stimolato negli utilizzatori. Per l’utente PCUP vuol dire possesso e accesso temporaneo ad una storia unica, costituita dagli utilizzi precedenti del bicchiere, su cui dilettarsi in un data mining sociale e attraverso cui decostruire l’attuale idea di bicchiere “packaging senza valore né identità” e ricostruirlo in oggetto vivo, memoria fisica di una comunità.

All’esercente PCUP offre: un bicchiere che da “spesa” si trasforma in potenziale guadagno, controllo sui flussi di cassa delle cauzioni di cui imposta la durata dal profilo in app, e la possibilità di investire su bicchieri più belli e personalizzati. Inoltre un sistema gestionale in app con funzionalità studiate per premiare attività artistiche e culturali, fidelizzare i clienti, tarare l’offerta sui gusti del momento. Arrivare alla stessa quantità e qualità di informazioni incrociando database esistenti è immensamente più costoso e giuridicamente complesso, quasi impossibile.

PCUP è idea e insieme sfida di una sharing economy radicale, che interessa uno degli oggetti tradizionalmente più “futili” della quotidianità: cos’è più insignificante di un contenitore? Altre aziende di bicchieri in vuoto a rendere puntano su bicchieri economici, fragili, distribuiti a fronte di cauzioni molto basse. Rendono difficile riconsegnarli, perché marginalizzando sulla vendita del bicchiere, puntano ad avere un alto tasso di dispersione, cadendo nel paradosso per cui in un mondo di utenti virtuosi, la loro economia fallirebbe! Se l’esperimento funziona, vorrà dire che i tempi sono maturi – forse – per una capillare disintossicazione dal consumismo, come individui e come sistema economico, e per uscire dall’obsolescenza programmata come modello di crescita economica – quello stesso modello che ci annega di plastica e soffoca di C02.

La sfida di PCUP non è commerciale, nè finanziaria, nè tecnologica, ma sociale: possiamo tenere un bicchiere vuoto in mano per venti minuti senza brontolare? Forse sì. Non c’è dispositivo motivazionale più potente della rappresentazione puntuale del risparmio di plastica che l’utente genera ad ogni singolo utilizzo di PCUP, e questo è ciò che il nostro sistema è in grado di monitorare al grammo e comunicare all’utente in tempo reale, in app. Che senso ha mantenere un comportamento virtuoso se non lo sa nessuno, nemmeno tu? E che ce ne facciamo della febbre di apparire sui social, se non la esprimiamo in canali utili socialmente? Lavorare a PCUP ci ha fatto capire che la sensibilità ambientale è profondamente radicata e trasversale, e che per capitalizzarla in un sistema ad impatto zero possiamo sfruttare l’architettura orizzontale del nostro tempo per incanalare l’energia più preziosa e più rinnovabile: la buona volontà. Infine. I ricavi di PCUP cresceranno con l’allungarsi della vita dei bicchieri stessi, per cui il bicchiere/chip da prodotto diventerà infrastruttura di servizi, spostando il ricavo – marginale – dalla vendita del bicchiere alla vendita delle informazioni che raccoglie e porta con sé: la sostenibilità ambientale di PCUP non è Csr, non è atto simbolico, non è elemosina ma un modello di business in cui i bits sul server rendono molto di più della plastica, e inquinano molto, molto meno.

a cura del Gruppo FS Italiane

Colmare il gender gap è una priorità per FS Italiane e le società del Gruppo. È, infatti, l’unica via percorribile per continuare a essere competitivi in un mercato del lavoro in continua e velocissima evoluzione. Non è solo un tema etico, ma anche di business.

Il Gruppo FS Italiane ha quindi avviato numerose iniziative per sostenere l’occupazione femminile a tutti i livelli, per abbattere gli stereotipi di genere e per promuovere tra le ragazze le materie STEM (Science, Technology, Engineering & Mathematics), quelle che offrono maggiori opportunità di impiego. Studi autorevoli dimostrano che avere più donne in azienda significa ottenere maggiori profitti e contribuire concretamente alla crescita economica del Paese.

Eppure le pari opportunità continuano a rimanere un miraggio. Una realtà che riguarda soprattutto il contesto lavorativo: solo il 51% delle donne lavora contro il 74% degli uomini, senza dimenticare che la disparità salariale resta un elemento critico. Il 40% dei dipendenti laureati del Gruppo FS Italiane sono ingegneri. Oltre 10mila treni al giorno (di cui circa 8mila in Italia e oltre 2mila all’estero) e un network infrastrutturale di circa 16.800 di rete ferroviaria in Italia (con oltre 1.400 chilometri di binari dedicati ai servizi alta velocità) richiedono, infatti, competenze tecniche specifiche per essere gestite. Competenze rare e possedute principalmente ancora dagli uomini (le laureate in discipline tecniche sono il 20%, le diplomate in scuole tecniche sono il 10%).

Le donne in FS oggi sono solo il 15%, dato che scende al 2.8% nella manutenzione e allo 0.8% tra i macchinisti. Numeri che sono aumentati negli ultimi anni, ma che sono ancora insoddisfacenti. “C’è ancora molto da fare per raggiungere la parità e abbattere il soffitto di cristallo, ma stiamo andando nella giusta direzione”, sottolinea Mauro Ghilardi, Direttore Risorse Umane e Organizzazione del Gruppo FS Italiane. “Siamo consapevoli che la diversità produce innovazione e aiuta anche a rispondere meglio alle esigenze dei nostri clienti. Basti pensare che il 49,5% dei titolari di CartaFreccia è di genere femminile.” Tutte le società del Gruppo FS Italiane hanno quindi adottato, negli ultimi anni, una policy che prevede per le selezioni il 50% di donne nella rosa dei candidati, secondo un principio di comply or explain. Inoltre, sono stati avviati due importanti progetti per promuovere le carriere tecniche delle donne: Women in Motion (WIM) e WIM in viaggio con l’altra metà del cielo. WIM è la campagna di diversity management di FS Italiane, il progetto più importante su cui il Gruppo ha investito negli ultimi due anni. L’obiettivo è sfidante e riguarda l’intero sistema Paese: promuovere le carriere STEM presso le nuove generazioni di studentesse. Le ragazze che scelgono discipline tecniche sono ancora troppo poche. In primo luogo perché gli stereotipi legati al genere sono molto radicati e le carriere tecniche sono viste spesso ad esclusivo appannaggio maschile.

Mancano poi modelli di riferimento e il sistema scolastico ed educativo in Italia non aiuta. E’, infatti, basato principalmente sull’aspetto teorico e ritarda l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, facendo perdere loro tempo prezioso. Un gruppo di bambine della scuola elementare, impegnate a prendere appunti durante un percorso di alternanza scuola-lavoro di “WIM In viaggio con l’altra metà del cielo”, 2018 Il progetto WIM è stato pensato proprio per creare un collegamento diretto tra scuola e lavoro e fornire alle giovani ragazze l’ispirazione, la motivazione, le competenze e le opportunità di cui hanno bisogno per realizzare al meglio il loro potenziale e talento.

Nel 2017 è partito anche il viaggio Girls in Motion, progetto comune per un network di aziende che ha condiviso l’idea di FS Italiane (ENI, Enel, Acea, Poste Italiane, Terna, Amarelli, AIDDA, Ania e Fondazione Bellisario). Un’esperienza che ha permesso a 20 studentesse, selezionate nelle scuole superiori di tutta Italia, di scoprire l’eccellenza della tecnica italiana. Grazie all’area social dedicata (pagina Facebook e sito web) e all’evento WIM del 2017, che ha coinvolto studenti di tutta Italia con ospiti istituzionali e role model, è stata costruita una community di ragazze interessate a scoprire i mestieri tecnici. “Abbiamo varcato le porte delle scuole, dalle elementari fino alle università, per raccontare i mestieri tecnici attraverso la voce delle nostre colleghe che ogni giorno lavorano nei cantieri, negli impianti e nelle officine del Gruppo. Iniziamo a vedere i risultati perché grazie a WIM, dall’inizio della Campagna (gennaio 2017) ad oggi, le candidature femminili con diploma tecnico sono aumentate di quasi il 50%”, evidenzia Ghilardi. Nel 2018 con WIM in viaggio con l’altra metà del cielo, nuovo importante progetto di FS Italiane di alternanza scuola- lavoro, sono stati coinvolti i giovani degli Istituti tecnico professionali e, per la prima volta, le bambine delle scuole elementari, oltre al personale delle aree tecniche del Gruppo. Il progetto è stato realizzato per far conoscere alle bambine fin dai primi anni di scuola, attraverso l’esempio di ragazzi più grandi, il mondo della tecnica, Obiettivo altrettanto importante è far riflettere gli studenti degli Istituti tecnici sugli stereotipi di genere e rimettere in discussione le barriere alla presenza femminile nei mestieri tecnici. WIM in viaggio con l’altra metà del cielo dà alle scuole coinvolte la possibilità di realizzare un servizio scolastico qualificato, flessibile, competitivo e attento a valorizzare le differenze di genere, aperto ai rapporti e alle interazioni con il mondo del lavoro e della tecnica del Gruppo FS Italiane.

Tutto questo attraverso l’attivazione di dieci percorsi di alternanza scuola lavoro in dieci regioni italiane (Lombardia, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Toscana, Lazio, Umbria, Campania, Calabria e Sicilia). 300 studenti e 150 bambine hanno partecipato a laboratori dedicati alla realizzazione di prodotti a tema ferroviario: creazione, con software grafici, di uno snake – famoso gioco presente nei telefoni cellulari anni 2000 – con protagonista una locomotiva e realizzazione, con mattoncini tipo LEGO, del prototipo di un treno, entrambi stampati con la tecnica 3D; treni a levitazione magnetica inseriti in un plastico del quartiere che ospita le scuole coinvolte e progetti per riqualificare una fermata ferroviaria. In tutti i percorsi formativi è coinvolto anche il personale di linea del Gruppo FS, entusiasta di rivestire il ruolo di tutor per supportare ragazzi e bambine nella progettazione e realizzazione operativa di tutti gli output, ma soprattutto nell’affrontare un viaggio verso nuovi mondi, in cui non c’è spazio per gli stereotipi. Il Direttore Risorse Umane e Organizzazione di FS Italiane Mauro Ghilardi con le studentesse, durante l’evento WIM, 2017

Emilia Garito

Era il 2013 quando mi accingevo a fare tutti i preparativi per il mio primo TED, il TED ACTIVE di Palm Spring organizzato per i navigati e anche nuovi Organizers degli ormai tanto diffusi eventi TEDx. Ero sicuramente entusiasta, ma anche un po’ curiosa di vedere e toccare con mano cosa fosse questa grande energia contagiosa che arrivava fino a noi e ovunque attraversando molti mari e confini culturali irraggiungibili. Ero quindi pronta anche a qualche delusione, del resto è spesso vero che la fama è più forte della realtà.

TED (Technology Entertainment Design) nasce nel 1984 negli Stati Uniti, con l’obiettivo di divulgare idee che meritano di essere diffuse: da qui l’ormai noto slogan “Ideas worth spreading”. Il format prevede fin da subito una modalità del tutto nuova di raccontare idee, storie e passioni: entro un massimo di 18 minuti, gli speakers al centro di un cerchio rosso posto a terra, su un palcoscenico vuoto, e la grande scritta rossa sul fondale, “TED”.

Trascorrono trent’anni e nel 2005 il format, sempre identico, incontra il digitale. I talks vengono quindi videoregistrati e caricati sulla piattaforma ted.com ove iniziano a navigare per il mondo, nel canale YouTube ad essi riservato. Pochi anni dopo il team di TED, con a capo Chris Anderson, immagina cosa accadrebbe se innumerevoli persone organizzassero diversi TED nel mondo. Così nasce il progetto TEDx che consente a persone appassionate, gli Organizers, di costruire una community locale e organizzare un evento su licenza TED, grazie all’aiuto di un team di volontari. Oggi, dunque, le conferenze TEDx sono ovunque. Solo negli ultimi dieci anni sono stati organizzati oltre 24.000 conferenze (TEDx) in circa 133 Paesi; sono stati caricati sulla piattaforma 100.000 talks e sono state raggiunte oltre un miliardo di visualizzazioni. Ma torniamo alla mia esperienza TED.

In Italia il brand era praticamente sconosciuto e la mia prima esperienza TED quindi necessitava di tutta la mia attenzione, poiché entro un anno avrei dovuto organizzare il mio primo evento, il TEDxRoma. Ero sull’aereo e mi domandavo cosa ci fosse di così speciale in questa conferenza da spingermi fino a prendere quel volo lunghissimo, con bimbe piccole al seguito e per oltre una settimana, tralasciando lavoro e impegni. In realtà tutti i pensieri che affollavano la mia mente scomparvero dopo due giorni quando, arrivata a destinazione, fui travolta dall’energia di un contesto fatto di persone incredibilmente diverse, ma vicine nella propria umanità e iniziai a capire perché mi trovassi lì e, soprattutto, cos’era un TED. Ebbene: la mia esperienza TED non è stata di fatto diversa da quella di tutti gli altri e le altre partecipanti. Esiste un solo modo di vivere il TED ed è attraverso alcune fasi brevi, ma intense: osservazione, confusione, distacco, avvicinamento, ascolto, comprensione, partecipazione, illuminazione. Ed è in quest’ultima fase che si inizia realmente a “comprendere”: TED non è una conferenza! È un’immersione di umanità e pensiero.

Pensiero che viaggia attraverso l’energia della community; è un’onda umana che vive e cresce attraverso persone che la alimentano, ogni giorno. Un movimento di donne e uomini e idee dirompenti, che in breve tempo diventano riferimento per la creazione di nuove idee e riflessioni ancor più ampie, le quali favoriscono e accelerano la formazione di una civiltà più consapevole e globale. Partecipare a un TED è un’esperienza unica e formativa per qualsiasi relatore, bravissimo o principiante, è la stessa cosa.

Lo speaker capisce fin da subito infatti che il TED talk è un atto di generosità, in cui l’ultimo protagonista della storia è proprio chi la racconta. È raro e difficile riconoscere nel cerchio rosso sul palcoscenico caratteristiche quali egocentrismo o finzione; lo speaker offre al pubblico, al contrario, una riflessione ampia e originale su temi spesso strumentalizzati dal nostro tempo, senza ricerca d’interesse o consenso, ma mosso dalla propria promessa di autenticità. Poiché se così non fosse, ossia se la promessa venisse delusa, allora TED diventerebbe un boomerang per lo speaker “audace” che ha pensato di poterlo usare per il proprio tornaconto. I temi che TED principalmente tocca sono: tecnologia, economia, ambiente, questioni sociali, crisi, disuguaglianze, architettura, design… e qualsiasi soggetto concorra a riattivare ciò che si sta smarrendo nella nostra “evoluta” civiltà: il pensiero critico. Pensiero critico che, come dimostra TED, può essere generato dalle persone più insospettabili e lontane anni luce dalla nostra vita. Richard Turere, che nei miei ricordi resterà per sempre “il ragazzo dei leoni”, era un giovanissimo speaker (12 anni!), keniota, che aveva escogitato da solo un sistema per proteggere il proprio villaggio dall’attacco notturno dei leoni.

L’onda TED avanza, semina idee e attese, crea relazioni e dialoghi e rende vicini, poiché esalta il modo unico e nobile di essere umani, intelligenti e liberi. I leoni non temono il fuoco, lo aveva già sperimentato, ma hanno paura della luce in movimento. La luce rimbalzava nella notte e il villaggio era al sicuro. Ascoltare la storia, ascoltare lui, fu incredibile e a distanza di anni non ne dimentico gli occhi, le parole incerte, interrotte dall’emozione e dalla paura di non essere abbastanza. Ma ciò che raccontava era forte e vero e non lasciava dubbi sulla grandiosità del piccolo speaker. Le persone che vivono nella community TED, ovvero organizers, followers, traduttori, partners e naturalmente gli speakers, plasmano insieme un’esperienza costruttiva, ispirata da intuizioni e conoscenze che, mescolate, danno vita a un messaggio forte e generano grande entusiasmo. Entusiasmo per le persone, per i racconti, per le situazioni e, soprattutto, per i propri sogni. E soprattutto oggi, in un mondo distratto e vulnerabile, dove la società pare spenta dal consumismo, offuscata dall’ignoranza, svilita dalla crisi e dal dilagare del falso, dove le opinioni rubano posto alla conoscenza senza averne l’autorevolezza, è proprio questo entusiasmo che può e deve essere il rompighiaccio necessario ad aprire nuovi varchi, nuove strade curiose tese alla ricerca di conoscenza e talento. L’onda TED avanza, semina idee e attese, crea relazioni e dialoghi e rende vicini, poiché esalta il modo unico e nobile di essere umani, intelligenti e liberi. Non arrestiamola.

Registrazione Tribunale di Bergamo n° 04 del 09 Aprile 2018, sede legale via XXIV maggio 8, 24128 BG, P.IVA 03930140169. Impaginazione e stampa a cura di Sestante Editore Srl. Copyright: tutto il materiale sottoscritto dalla redazione e dai nostri collaboratori è disponibile sotto la licenza Creative Commons Attribuzione/Non commerciale/Condividi allo stesso modo 3.0/. Può essere riprodotto a patto di citare DIVERCITY magazine, di condividerlo con la stessa licenza e di non usarlo per fini commerciali.
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