Floriana Battevi

Bambinisenzasbarre (Basba) nasce a Milano nel 2002 come Associazione senza scopo di lucro - grazie al sostegno della Fondazione olandese Bernard van Leer -. Floriana Battevi, socia fondatrice di Basba, racconta la genesi di questa avventura e come si è sviluppata fino ad oggi la vita dell’Associazione Bambinisenzasbarre Onlus.

Era il 2001 quando ho incontrato per la prima volta Lia Sacerdote (ora Presidente dell’Associazione Basba) ad un corso per Operatori psico pedagogici. Lia raccontava l’esperienza in carcere con i genitori detenuti, i quali sentono in maniera forte il problema dell’essere madri e padri in carcere. Fino a quel momento la mia esperienza era stata nell’ambito del maltrattamento su minori in ambito familiare, non avevo avuto esperienze di interventi in ambito carcerario. E così, dopo un periodo di formazione personale, ho iniziato ad avere colloqui individuali di sostegno psico pedagogico con detenuti padri del carcere San Vittore, a Milano, che chiedevano aiuto nell’affrontare la relazione con figli e figlie, relazione drammaticamente spezzata dalla detenzione. Dai colloqui con i genitori detenuti emergeva anche l’esigenza di affrontare il tema in gruppo; nacquero così i “gruppi di parola” sia per papà che per mamme.

Le domande che i detenuti ponevano erano tutte impellenti e tutte disperate: cosa racconto a mio figlio/a? Una menzogna, oppure la verità? Lo/a incontro a colloquio, o lo tengo lontano? Come rasserenarlo/a quando arriva a colloquio? è agitatissimo/a perché l’attesa all’ingresso dura 3/4 ore ... Poiché lo stigma che pesa sulla figura del detenuto è soffocante, e non è solo esterno, ma anche interno: spesso è lui stesso a provare vergona per la propria condizione. Ai bimbi che non lo vedono rincasare, racconta di essere lontano per lavoro. La mission che Basba si è data è nata lì, da un piccolo gruppo di uomini seduti in cerchio, da quei bisogni espressi a volte in modo brusco, a volte sottovoce: promuovere il mantenimento della relazione genitoriale interrotta dalla carcerazione, partendo dal sacrosanto diritto che ha ogni bimbo/a di mantenere un legame con mamma e papà.
È fondamentale che esista un’associazione come Basba, perché ha permesso che affiorasse un problema che fino ad allora era sommerso. I figli e le figlie dei detenuti erano una realtà “invisibile”, una non-realtà. E nonostante il cambiamento sia ancora molto lento a svolgersi, ora esistono.

Ma facciamo un passo in avanti e guardiamo il problema più da vicino. Nel momento in cui un adulto viene arrestato/a, se si tratta di una donna incinta o con figli al di sotto dei tre anni, può decidere di tenere con sé il bimbo o la bimba. In carcere. Da quel momento il piccolo vivrà detenuto, e potrà uscire - per qualche breve passeggiata, per andare al parco giochi, per frequentare l’asilo nido - solo laddove un operatore/operatrice sia presente e si renda disponibile ad accompagnarlo. Sia chiaro: una madre giunge ad una “soluzione” così drastica solo se costretta da un’assoluta mancanza di alternative, se priva di sostegno familiare/sociale esterno e di una valida alternativa all’istituto carcerario.
Ma è chiaro che un dramma del genere, poiché di dramma si tratta, non può risolversi né tenendo i figli presso sé, come fossero carcerati a loro volta, né affidandoli ad altri per vederli poche ore al mese.

Così dal 2001 si è intervenuti sull’ordinamento penitenziario proponendo due nuove misure alternative: la detenzione domiciliare speciale e l’assistenza all’esterno di figli minori. Un grande passo in avanti... in teoria. Ma dalla ricaduta pratica affiorano motivazioni che, per chi lavora a contatto con il carcere, rendono il testo di Legge di difficile applicazione. Eccole: - l’ampia discrezionalità delle modalità di attuazione che il provvedimento affida alla Magistratura di Sorveglianza; - la non sufficiente rete di strutture: in tutta Italia esistono solo 5 (!) istituti a custodia attenuata, piccole case in cui gli agenti sono in borghese e sono presenti educatori di sostegno e accompagnamento e pochissime comunità mam- ma-bambino per accogliere le donne che possono usufruire della detenzione domiciliare speciale; - il fatto che la Legge non sia applicabile in assenza di domicilio (persone straniere e/o prive di abitazione).

E quindi... Bambinisenzasbarre. Bambinisenzasbarre, che con i propri progetti è presente in Lombardia, Piemonte, Toscana, Campania, Puglia e Sicilia, ha come destinatari primi delle proprie attività figli e figlie minorenni di genitori detenuti, ma indubbiamente anche i genitori stessi, nonni e zii, e operatori che quotidianamente lavorano nelle carceri.
Il bambino che entra in carcere ha bisogno di orientarsi nei luoghi e nei momenti che andrà a vivere, riconoscendoli. Per questo è nato Lo Spazio Giallo. Uno luogo in cui il bimbo/la bimba si prepara all’incontro e insieme un percorso riservato, per attenuare l’impatto con un ambiente traumatico e consentirgli di orientarsi. Da qui nasce anche “Trovopapà”, il percorso di accompagnamento del bimbo dall’ingresso all’uscita dal carcere, attraverso tutte le tappe intermedie: controllo documenti; perquisizione; sequestro degli oggetti personali - da cui i piccoli si separano difficilmente perché sono oggetti transizionali -; attesa; incontro col genitore; distacco-separazione (a cui non ci si abitua mai). Ricordiamo che i detenuti hanno a disposizione solo sei/otto ore di colloquio al mese, e una telefonata di dieci minuti a settimana. Dal 2015 Basba organizza la “Partita con papà”che si gioca la prima settimana di dicembre nelle carceri di tutta Italia, aperte per permettere ai figli di giocare a pallone con i padri e trascorrere insieme una giornata. L’anno scorso la “Partita con papà” ha coinvolto contemporaneamente più di 50 istituti penitenziari.

Perché anche laddove la relazione sia fragile e cadenzata da incontri sporadici, abbiamo visto quanto possa trasformare la giornata e l’esistenza di un bimbo/a il ricevere una cartolina dal papà o una sciarpetta dalla mamma, mentre questi si trovano in carcere.
Tra gli obiettivi principali di Basba c’è la sensibilizzazione della società civile (attraverso campagne televisive, sms solidale, ecc.) e la collaborazione con le Istituzioni. A tale proposito di rilevanza nazionale è il Protocollo d’Intesa denominato “Carta dei diritti dei figli dei genitori detenuti”, documento unico in Europa, siglato tra il Ministero della Giustizia, l’Autorità Garante per Infanzia e Adolescenza, e Bambinisenzasbarre Onlus (testo integrale www.bambinisenzasbarre.org/testo-protocollo-dintesa/) che pro- pone tutele e miglioramenti a supporto della relazione figlio-genitore detenuto. Che chiede che anche il compleanno del figlio/a o la festa di Natale a scuola siano considerate una “necessità” che permette al detenuto di assentarsi. Diritto del figlio/a e necessità del genitore. Ultimamente il documento è stato recepito dal Consiglio Europeo che ne ha elaborato delle Raccomandazioni per tutti gli Stati membri. Nulla di obbligatorio. Certo, se il protocollo diventasse Legge... Se il protocollo diventasse Legge.

Registrazione Tribunale di Bergamo n° 04 del 09 Aprile 2018, sede legale via XXIV maggio 8, 24128 BG, P.IVA 03930140169. Impaginazione e stampa a cura di Sestante Editore Srl. Copyright: tutto il materiale sottoscritto dalla redazione e dai nostri collaboratori è disponibile sotto la licenza Creative Commons Attribuzione/Non commerciale/Condividi allo stesso modo 3.0/. Può essere riprodotto a patto di citare DIVERCITY magazine, di condividerlo con la stessa licenza e di non usarlo per fini commerciali.
magnifiercrosschevron-down